La Roma dei sogni è a pezzi: con l’Empoli pari e fischi

La Roma dei sogni è a pezzi: con l’Empoli pari e fischi

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FLORENZI IN AREA 2  ROMA EMPOLI 1 A 1LA REPUBBLICA (M. PINCI) – Isterica, lenta e affaticata, pronta ad abdicare dagli intenti di titolo per difendere almeno il secondo posto. La Roma non c’è più, svanita sotto la pioggia di fine gennaio e i fischi dell’Olimpico. Non deraglia ancora, galleggia mediocre con il quarto pari consecutivo: con l’Empoli finisce 1-1, ancora in rimonta, l’ultimo salvagente un gancio orgoglioso di Maicon dopo un altro primo tempo passato a guardar giocare gli altri — la squadra di Sarri, poi espulso, bella anche più di dieci giorni fa in coppa — e trascinata da quel qualcosa di non definito che non è “organizzazione” o “gioco”, piuttosto istinto, voglia di non perdere. Ma alla fine resta solo lo stridente rumore di unghie sul vetro di una corsa scudetto forse definitivamente compromessa, e su cui anzi inizia a farsi minacciosa l’ombra del Napoli.

Strana davvero la Roma, che in casa, dove l’anno scorso costruì la propria forza, oggi non vince più, l’ultima volta addirittura due mesi fa, il 30 novembre contro l’Inter: quattro partite senza successi all’Olimpico non le infilava dal periodo tra maggio e settembre 2012. Basta poco, un segnale nefasto, per richiuderla in un’abulia cupa come la notte piovosa di fine gennaio che l’accompagna. È l’ennesimo infortunio a stravolgerla psicologicamente, quello di Iturbe, che gela lo stadio — mutilato dalla chiusura della curva sud — avvitandosi sul ginocchio destro con conseguenze sulla caviglia: distorsione, in attesa di scongiurare interessamenti ai legamenti. Chissà se ora una scossa la darà il mercato frenetico delle ultime ore: dopo Doumbia, ingaggiato a titolo definitivo per 14,5 milioni più 1,5 di bonus (visite mediche in Africa, dov’è impegnato con la nazionale), oggi si chiude per l’ala del Cagliari Ibarbo: prestito di 3 milioni e riscatto a 12, obbligatorio giurano dalla Sardegna (ma c’è chi assicura non lo sia), anche se l’affare sembra un acconto per la seconda metà di Nainggolan. Ora caccia al difensore romeno Chiriches del Tottenham, in prestito. All’Olimpico invece il copione è lo stesso dei pareggi con Sassuolo, Lazio, Palermo e Fiorentina: svantaggio, reazione, resa. La gara potrebbe addirittura sbloccarsi subito se l’arbitro Russo notasse il fallo di Yanga-Mbiwa su Pucciarelli in area dopo nemmeno 9 minuti. Stavolta però la Roma sembrerebbe anche esserci: quando però l’ala argentina deve chiedere il cambio anche gli altri romanisti sembrano seguirlo negli spogliatoi. Valdifiori si traveste da Pirlo, prova a innescare Maccarone ma l’idea giusta è quella che manda Saponara davanti a De Sanctis, complice una dormita di Maicon. Manolas lo stende, in colpo solo espulsione e il rigore dello 0-1 di Maccarone. Esce Totti per Astori, sembra la fine e forse lo sarebbe forse se Saponara, sul tramonto del primo tempo, non toccasse di mano al limite dell’area romanista: secondo giallo — molto discutibile, a dire il vero — e parità numerica per l’inizio della ripresa. Quando tutto lo stadio si aspetta una Roma diversa, rabbiosa, abituato dall’ultimo mese di costante bilico. Quasi annunciato suona quindi il pari di Maicon dopo 12 minuti. Ma così come era cresciuta la quiche romanista si affloscia e ritorna una frittata, la ricetta di Garcia si disgrega, Pjanic (che meriterebbe un rigore) scalcia e rischia la prova tv, Nainggolan tira da ogni zona della città senza spaventare Sepe. Poi nulla più. L’icona dell’isteria collettiva è proprio il belga che a 20 secondi dalla fine sparacchia il pallone convinto che Russo abbia fischiato la fine. Un calcio all’ultima palla per non smettere di sognare.

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