Una squadra con pregi e limiti

Una squadra con pregi e limiti

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C’è chi, per mesi, ha considerato la Roma la squadra più forte sulla carta di questo campionato e lo pensa ancora oggi. I campionati, però, non si giocano sulla carta ma sul campo, ed è proprio sul campo che emergono i limiti evidenti di questa squadra.

L’ETÀ MEDIA – Uno dei limiti che causano divari incolmabili con le altre squadre impegnate nella lotta per la Champions. I più ottimisti dicono: “Questa squadra è competitiva, è la stessa dell’anno scorso”. Non si rendono però conto che un discorso simile viene ripetuto ormai da anni, e se la Roma di Spalletti era relativamente giovane, ora questa Roma è mediamente la squadra più vecchia del campionato.

MENEZ, CROCE E DELIZIA – Il discorso su Jeremy Menez è strettamente concatenato a quello precedente. In una squadra in cui Totti, Cassetti e Perrotta (i veterani della squadra) si ritrovano a dover dare l’esempio ai compagni sgroppando per 90′, l’unico giovane su cui la Roma sta puntando è proprio il francese. Che poi, a quasi 24 anni, non è nemmeno più un esordiente, ma un ragazzo che sta completando la propria maturazione. Con Menez Montella sta sbagliando, proprio dove Claudio Ranieri fece meglio. Ci vorrebbe maggiore collaborazione da ambo le parti. I colpi del fuoriclasse ci sono, ma Menez deve dimostrare maggiore impegno e più continuità. Un giocatore come lui può giocare sia da esterno che da trequartista, ma deve anche mostrare più dedizione al sacrificio, come ha fatto Vucinic nelle ultime uscite.

VUCINIC: L’ASSENZA SI SENTE – Non è stata una stagione semplice per Mirko Vucinic, che quest’anno ha vissuto (pochi) alti e (tanti) bassi. Una delusione, dopo l’annata stratosferica della stagione scorsa. Da quando è arrivato Montella, però, Mirko ha abbandonato i musi lunghi e i calci alle borse per sacrificarsi anche in fase difensiva, alla Eto’o per intenderci. E lo ha fatto con profitto. Domenica a Firenze la sua assenza si è sentita, complice anche la prestazione altalenante e infelice di Menez.

4-2-3-1 OK, MA… – Vincenzo Montella ha capito subito che questa Roma, per i giocatori che ha, non può che giocare con un modulo: il 4-2-3-1 spallettiano. Anche perché solo con quel modulo Pizarro e De Rossi possono coesistere e la Roma non può prescindere da loro. Daniele, per sua stessa ammissione, non riesce ad esprimersi al massimo delle proprie potenzialità, ma la sua presenza è fondamentale tra difesa e centrocampo. David, invece, è l’unico che sa impostare il gioco della Roma e quando manca lui, la squadra si spegne. Questo è un aspetto preoccupante, perché nessuno dei centrocampisti della Roma può essere paragonato, come playmaker, al cileno. Inoltre il vero problema sono gli esterni e il trequartista: Taddei non riesce a ritrovare la brillantezza di qualche anno fa, Menez non offre la benché minima copertura sulla fascia e Perrotta, nonostante i suoi inserimenti riescano a disturbare le difese avversarie, spesso interferisce negativamente nelle azioni offensive quando entra in possesso di palla. Gli esterni che aveva Luciano Spalletti, Montella può solo sognarseli…

L’EREDITÀ DI LUCIANO: TOTTI CENTRAVANTI – Vincenzo Montella, ormai è evidente, si è voluto rifare alla Roma di Spalletti, riproponendo modulo, uomini e meccanismi dello stratega attualmente allo Zenit. La mossa di Montella alla lunga si è rivelata vincente: Francesco Totti si è di nuovo immedesimato nel ruolo di centravanti dopo aver giocato quasi da seconda punta per un anno, al fianco di Luca Toni prima e di Marco Borriello poi. Quest’ultimo, vista anche la forma del Capitano, è stato dimenticato da Montella in panchina. Un attaccante come lui non può essere lasciato in disparte, ma di fronte a tanta superiorità deve solo lavorare al massimo e cercare di mettere in difficoltà Montella nella scelta. Per ora, vista la forma e il gioco della Roma, Totti è inamovibile.

LA DIFESA INDIFENDIBILE – “Voglio tre centrali di alto livello e un giovane”: ricordate le parole di Claudio Ranieri a inizio stagione, quando ancora doveva arrivare Nicolas Burdisso? Non si può certo dargli torto, una squadra che può permettersi tre centrali come l’argentino, Juan e Mexes è qualcosa fuori dal comune, eppure quella della Roma è una delle peggiori difese del campionato. Rispetto alla scorsa stagione solo Mexes è migliorato, ma il rendimento di tutti e tre i difensori è a dir poco deludente. Burdisso a volte è poco lucido, Juan talvolta è irriconoscibile. E il giovane Guillermo? Ha conosciuto finora le panchine di tutti gli stadi della serie A, ma il suo utilizzo è irrisorio. Anche Loria, in passato, gli è stato preferito. E non si riesce a capire se è perché non sia ancora pronto o se sia veramente scarso…
La colpa però va spartita anche con i terzini (più con Riise che con il buon Cassetti) e soprattutto con i portieri, immensa delusione di questa stagione. Montella ha fatto chiarezza, preferendo Doni a Julio Sergio, ma se il portiere più forte nella rosa della Roma è quello visto a Firenze c’è da strapparsi i capelli… e da chiedersi a cosa sia servito riscattare Lobont.

LA ROSA AMPIA – Gli inguaribili ottimisti, prima dell’avvio disastroso in questa stagione, erano confortati dal secondo posto ottenuto l’anno scorso e dalla panchina lunga finalmente a disposizione della Roma. Se però andiamo a vedere, però, queste riserve non sono così competitive: Cicinho era un ex giocatore, ma niente in confronto ad Adriano; Rosi veniva considerato l’alternativa a Cassetti, anche se è sotto gli occhi di tutti che il ragazzo della Garbatella non sia in grado di fare l’esterno basso; Castellini è stato il ripiego della Roma che si era fatta soffiare Gobbi dal Parma (e non Dani Alves o Ashley Cole da un top club europeo, con tutto il rispetto); Okaka aveva bisogno di giocare qualche minuto, e alla fine è stato mandato al Bari quando poteva essere l’attaccante di riserva più utile; Greco è stato una piacevole sorpresa, ma non può certo essere considerato il vice-Pizarro; Antunes non è stato mai impiegato e di conseguenza definitivamente bruciato. Ma sì, una panchina competitiva e ben sfruttata, non c’è che dire…

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