Confusione, Reazione e ‘Scapoli-Ammogliati’: i tre volti della Roma

Confusione, Reazione e ‘Scapoli-Ammogliati’: i tre volti della Roma

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EDITORIALE CGR (di Francesco Oddo Casano) – 4 punti in classifica. L’aspetto migliore, forse uno dei pochi da salvare, dopo le prime due gare ufficiali. 1 punto in più rispetto allo scorso anno. Ma questi numeri non bastano. La Roma dopo la vittoria in extremis a Torino, disputa una seconda gara all’Olimpico offrendo non due, ma tre volti diversi, alcuni oggettivamente imbarazzanti. Non solo sul piano tattico – tre diversi moduli cambiati nell’arco dei 90 minuti più recupero, segno di un’evidente confusione rispetto alle originarie idee del tecnico- ma soprattutto sul piano dell’identità. Pronti via, la magia di Pastore aveva illuso gli oltre 40 mila spettatori dell’Olimpico di poter vivere una grande serata, poi lo ‘tsunami’ nerazzurro prodotto dall’Atalanta B, con tanti titolari in panchina preservati in vista del ritorno d’Europa League contro il Copenhagen. Dopo i sacrosanti e sonori fischi di uno stadio letteralmente tramortita dalla penosa prestazione dei primi 45 minuti, nella ripresa l’inserimento di Nzonzi e Kluivert, complice un calo di molti dei ragazzi lanciati a sorpresa da Gasperini, ha permesso alla Roma di risollevarsi. Rimonta completata a dieci minuti dalla fine, un paio di palle gol clamorose sui piedi di Schick e Kluivert, ma anche un finale da “scapoli e ammogliati” (cit. Di Francesco) che poteva costare carissimo ai giallorossi. Questo il racconto sintetico delle diverse anime di una gara al cardiopalma, che nelle ore successive ha generato inevitabili reazioni e qualche eccessiva sentenza, considerato che si tratta ancora di calcio d’agosto, nonostante i due impegni ufficiali disputati.

CONFUSIONE, REAZIONE E POTENZIALITA’ – Di Francesco, nelle ore in cui Strootman raggiungeva Marsiglia per le visite mediche, vara una prima importante modifica al suo canonico 4-3-3: Pastore alto nei tre attaccanti, con l’inserimento delle due mezzali di corsa Pellegrini e Cristante ai lati di De Rossi. Le posizioni medie del primo tempo raccontano di un 4-3-1-2 con il Flaco a giostrare in una posizione più centrale dietro le due punte Dzeko-Under.

Il sistema sembra funzionare, quanto meno nei primi 10 minuti, durante i quali la Roma colpisce a freddo l’Atalanta con la splendida rete dell’argentino e poi sfiora il raddoppio di Under imbeccato centralmente dall’unica giocata degna di nota dell’anonima gara di Cristante. Poi il buio totale. Le folate atalantine crescono per impeto, velocità, intensità e la difesa giallorossa viene letteralmente travolta. Le tre reti siglate da Castagne e Rigoni (doppietta) sono l’automatica conseguenza della confusione totale che alberga nell’undici giallorosso. Giocatori che vagano per il campo, difensori in balia del forcing nerazzurro, alcuni singoli decisamente impresentabili (Fazio e Kolarov su tutti). I centrocampisti faticano a legare gioco, soffrendo oltremodo la fisicità dei parigrado atalantini, con l’aggravante che alcuni di questi erano addirittura all’esordio in Serie A. Unico a tenere la nave ancora a galla, a pochi secondi dal naufragio totale è il capitano di mille battaglie: un De Rossi a tratti commovente, capace di sventare con tre chiusure provvidenziali ulteriori chiare occasioni da gol degli ospiti. Nella ripresa Di Francesco cambia dando una fisionomia più logica e più equilibrata alla squadra: Nzonzi al fianco di De Rossi permette alla squadra di alzare il baricentro di una ventina di metri, Kluivert e Under larghi aprono le maglie della difesa avversaria e la Roma coglie una rimonta quasi insperata, ma le ombre sulla prestazione e in generale sullo stato complessivo dell’arte in casa giallorossa restano, nonostante il punto conquistato e la vittoria sfiorata nel finale.

Che ci siano delle potenzialità in questa squadra, del talento e delle qualità forse ancora inesplorate è in dubbio: Schick, Kluivert, Nzonzi, si spera molto preso Cristante in una condizione fisica migliore, sono frecce importanti nella faretra di Di Francesco che prima però, deve ritrovare il più presto possibile, quei concetti basilari su cui aveva fondato la sua prima Roma e che appaiono smarriti: compattezza, personalità, forza fisica, attenzione, capacità di difendere alzando un pressing organizzato, identità tattica, punti di riferimento. Aspetti che nella serata di ieri sono venuti meno per quasi tutta la partita: “sono spaventato dal blocco difensivo, abbiamo commesso troppi errori nelle letture, nelle uscite, nella fase di pressing. Negli ultimi 10 minuti sembrava una partita tra scapoli e ammogliati, distanze lunghe, troppi pericoli corsi se si vuole diventare una squadra di livello”. C’è poco tempo per ragionare, Milan-Roma è alle porte, poi ci sarà la sosta. Le qualità e le possibilità per fare una stagione di livello ci sono, ma come raccontava diversi secoli fa Aristotele:ogni oggetto del mondo è sempre fatto di qualcosa di determinato (forma) e ha in sé la possibilità (materia) di diventare altre cose (…)  la materia è potenza, la forma è atto. La potenza è la possibilità di cambiare e diventare altro, l’atto è quel che si presenta.” Concetto applicabile alla seconda Roma di Di Francesco: trasformare la potenza in atto, è il vero obiettivo di un allenatore che ora deve cambiare marcia.

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