Conte: duro e maniacale, ma trascinatore. Tutti lo vogliono

Conte: duro e maniacale, ma trascinatore. Tutti lo vogliono

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Gazzetta dello Sport (P.Condò) Nessun allenatore disoccupato è mai stato un’opzione così universale come Antonio Conte in questo periodo. Se ne parla per l’Inter dal giorno 1 del consolato di Beppe Marotta; se ne è parlato per tutto l’anno per il Milan come upgrade di lusso se Gattuso non riuscisse a conquistare il quarto posto; se ne parla adesso, e pesantemente, per la Roma perché è l’unico tecnico di livello top che accetterebbe l’incarico senza pretendere l’iscrizione alla Champions (l’ha già fatto sia alla Juventus che al Chelsea, vincendo subito il campionato in entrambi i casi); se ne parla persino per la Juve.

Succede perché un’etichetta molto abusata come «vincente» trova in Conte una corretta applicazione. Non è soltanto una questione di titoli. Conte è un metodo di lavoro martellante ventiquattro ore su ventiquattro, uno capace di dimettersi se vede che non tutto fila secondo le sue direttive. E poi è empatico, per usare un’altra etichetta di moda. Lo ricordo malmostoso e isolato nel ritiro azzurro prima dell’Europeo 2000. Tanti di quegli azzurri – Francesco Totti, per fare un nome – hanno raccontato nel tempo di aver conosciuto il vero Antonio esattamente in quei giorni, e di essersi affezionati a un uomo molto più ricco della sua immagine di implacabile perfezionista. Uno in grado non solo di provare empatia, ma di generarla.

Europeo 2016 – Non c’è nel calcio una situazione capace di creare forti legami (e violente antipatie) come il grande torneo per nazionali. Fra preparazione e partite si vive sempre assieme dalle cinque alle sette settimane (dipende da quanto vai avanti), e la convivenza forzata diventa una lente d’ingrandimento: se stai male stai malissimo, ma se stai bene non te ne andresti più. Il giorno dopo l’eliminazione dalla Germania, nella conferenza stampa di fine spedizione, Conte scoppia a piangere al pensiero che il giorno dopo non avrebbe rivisto i suoi ragazzi. Di più: tre mesi dopo lo intervisto al centro sportivo di Cobham, all’inizio della sua esperienza al Chelsea, e quando gli chiedo di quel momento di separazione gli vengono subito gli occhi lucidi, e interrompiamo la registrazione perché Antonio stenta a trattenere le lacrime. Che cosa non faresti per il tuo allenatore, se fosse così?

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