Dzeko la Torre, Florenzi il Cavallo, Salah l’alfiere: così Spalletti ha fatto...

Dzeko la Torre, Florenzi il Cavallo, Salah l’alfiere: così Spalletti ha fatto Scacco Matto al Sarrismo

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Era abbastanza preventivabile, alla vigilia, che Napoli-Roma potesse essere una battaglia tra maestri della tattica, una scientifica ricerca della perfezione, dello studio concettuale e dell’applicazione di movimenti preordinati.

Il proscenio perfetto per Spalletti e Sarri che, da navigati cattedrati della materia “calcio” allo stato puro, si sono affrontati sul campo trasformandolo in una immaginifica scacchiera.

22 pedine legate da fili stretti e telecomandate dalla longa manus dei due tecnici in panchina, mai domi, mai completamente soddisfatti da autentici perfezionisti.

Ha vinto Spalletti, anzi ha stravinto. Affrontando l’emergenza legata all’assenza di un quartetto difensivo, che in Serie A primeggerebbe senza motivi d’affanno (Peres-Rudiger-Vermaelen-Mario Rui) e di quel Kevin Strootman che avrebbe pagato parte del suo stipendio per tornare a giocare al San Paolo, dove due anni e mezzo fa inizió il suo calvario fisico, condito da striscioni dei tifosi napoletani dall’ignobile retrogusto.

Il tecnico toscano non si è scomposto e ha ridato, forse definitivamente, anima, geometrie e vigore mentale ad una squadra che dopo prove altalenanti, si era già riproposta contro l’Inter, con una prestazione esaltante sul piano del ritmo, delle giocate e delle occasioni create, meno dal punto di vista della compattezza e della fase difensiva.

Con i nerazzurri due settimane fa all’Olimpico era sembrata più una sfida di pugilato e il ring aveva lasciato tutto sommato sensazioni positive, perché nel dare e ricevere, la Roma aveva preso a cazzotti gli uomini di De Boer.

A Napoli Spalletti e la Roma si sono superati, affermando una superiorità tattica e una qualità complessiva, che hanno spinto il focoso presidente azzurro a scendere nello spogliatoio giallorosso, per fare i complimenti alla truppa romanista nel post gara.

Una vittoria che nasce da lontano, probabilmente da Pinzolo quando Spalletti volente o nolente decise di puntare forte sul rilancio di Edin Dzeko: il bosniaco – nella scacchiera di cui sopra – ieri è stato quella “torre” devastante che i tifosi della Roma acclamarono a Fiumicino un anno fa e che con i 7 gol stagionali in 8 gare, rappresenta certamente, la vera rivelazione dell’attuale campionato.

Il genio Spallettiano però si è esaltato nel disegnare sul “cavalloFlorenzi la veste tattica ideale per scardinare l’arrocco partenopeo che, tra le mura amiche nei 22 precedenti non aveva mai tradito le attese degli oltre 50 mila spettatori presenti.

Una difesa non a 3 in assoluto ma neanche a 4, il famoso schieramento a “3 e mezzo” che Spalletti decanta dal febbraio scorso: “palla a noi” tre centrali aperti con Florenzi più alto sulla linea dei centrocampisti ad aprire il gioco, due mediani bassi e Nainggolan tra le linee pronto ad ispirare e supportare il duo Dzeko-Salah, con Perotti a tratti imprendibile che ha abbinato al consueto ingegno calcistico uno spirito di sacrificio da antico terzino fluidificante.

Palla a loro” Florenzi più basso a uomo su Insigne, Jesus pronto a scappare sugli inserimenti di Callejon e il blocco centrale composto da Fazio-Manolas, Paredes-De Rossi più Nainggolan a intasare le linee di passaggio che i giocatori di Sarri ricercano con maniacale applicazione.

L’egiziano è stato la terza mossa vincente: più alto, piu vicino al bosniaco da “alfiere” pronto ad accelerare e “tritare” (Spalletti dixit) sia Ghoulam che Koulibaly in preda a vere e proprie crisi esistenziali ogni volta che Salah è salito sul consueto motorino sfrecciando alle loro spalle.

Tre mosse vincenti, tre mosse da maestro che hanno portato allo scacco matto del Sarri furioso e del relativo “Sarrismo“, corrente di sciocca ed esagerata idolatria, alimentata dalla Stampa Nazionale, con paragoni a tratti blasfemi come quello con Sacchi, che la rivoluzione calcistica, lui si, la fece oltre 25 anni fa.

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