FOCUS CGR Infortuni, crisi tattica e mentale. Solo i numeri sorridono a...

FOCUS CGR Infortuni, crisi tattica e mentale. Solo i numeri sorridono a Garcia

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ROMA  MILANLa Roma ha chiuso il suo girone d’andata a 41 punti, tre in meno dell’anno scorso, con lo stesso ruolino di marcia del girone di ritorno dello scorso campionato.
Con Rudi Garcia in panchina la squadra giallorossa non è mai scesa sotto il secondo posto, mantenendo una media punti che nell’ultimo decennio avrebbe assicurato il tricolore nove volte su dieci. Sono questi i capisaldi da cui partire per poter analizzare in maniera lucida e perentoria il momento delicato che sta attraversando la squadra capitolina, perchè paradossalmente ad oggi l’unico dato positivo sembra essere quello statistico.

Se è vero che i numeri confortano l’idea di chi sostiene che la Roma possa ancora competere per lo Scudetto – e guai solo ad ipotizzare un crollo che vorrebbe dire addio alla Champions, al relativo premio e quindi ad ulteriori investimenti sul mercato – è altrettanto vero che nel meccanismo di Rudi Garcia qualcosa si è inceppato.

In primis i tanti infortuni: con l’ennesimo problema al flessore di Torosidis, il conto dei guai muscolari è salito a 12 con 18 infortuni complessivi, che non possono più derivare da una mera casualità. Qualcosa nella preparazione, nella gestione dei recuperi post gara e negli allenamenti settimanali è stato sbagliato, perchè una serie così costante di infortuni appare ingiustificabile, soprattutto in quanto colpisce nella maggior parte dei casi, calciatori che non sono stati sottoposti ad un sovraccarico di gare giocate in maniera consecutiva.

Preoccupa ancora di più l’involuzione tattica: troppa confusione in campo, poche certezze nei ruoli fondamentali, continui cambi di formazione e incapacità di ritrovare quelle modalità di attacco alla porta avversaria, che avevano fatto dell’imprevedibilità e della brillantezza, i cardini del gioco spumeggiante della Roma dello scorso anno.

La squadra giallorossa è prima in Serie A nel dato del possesso palla, ma settima per tiri verso la porta: ciò significa che la squadra non riesce a produrre azioni da gol nitide con la stessa costanza e facilità che dimostrava alcuni mesi fa.

Non si può pensare che solo la partenza di Benatia – assenza importante ma non in assoluto decisiva – abbia comportato contemporaneamente una maggiore fragilità difensiva ed un impoverimento dell’azione d’attacco. C’è qualcos’altro che Garcia deve obbligatoriamente riconoscere e modificare per ottenere nuovamente quell’efficacia che ha portato la Roma in cima alla Serie A per diverse settimane.

Dopo 19 gare di campionato e 6 di Champions è possibile tracciare un bilancio sulla campagna acquisti estiva, che solo apparentemente sembrava aver rinforzato sia numericamente che tecnicamente la rosa: se è vero da una parte che Manolas, Yanga Mbiwa e Holebas si sono dimostrati inserimenti azzeccati nel reparto difensivo, le contemporanee assenze di Castan e Maicon – che di fatto ha disputato solo un terzo delle gare stagionali – oltre agli errori di De Sanctis, hanno tolto certezze ad un reparto che raramente ha visto giocare sempre gli stessi effettivi. A centrocampo l’esplosione di Nainggolan ha permesso di recuperare Strootman con serenità, nonostante gli oltre 9 mesi di degenza sono apparsi a tutti estremamente esagerati, mentre la classe di Keita ha contemperato, almeno nella prima parte di stagione, la scarsa vena di De Rossi.

destro palermo-romaIl vero punto interrogativo resta Miralem Pjanic: dopo le prime due annate insufficienti, il bosniaco con l’arrivo di Garcia lo scorso anno sembrava aver finalmente trovato quella continuità di rendimento che ci si aspettava da un calciatore così talentuoso. Quest’anno però l’ex Lione è ricaduto in uno strano oblio e la sensazione, sempre più evidente, è che difficilmente Pjanic riuscirà mai ad essere un calciatore realmente in grado di trascinare in campo la squadra. Davanti, rispetto alle attese, si sono manifestati i maggiori equivoci: al di là di Gervinho e Totti, che hanno però  alternato periodi straordinari di forma a cali fisiologici di condizione, Florenzi, costretto per varie defezioni a giocare in tutti i ruoli del campo, stenta a rendere con la stessa continuità dell’anno scorso; Ljajic continua a giocare ad intermittenza, alternando periodi di buio totale a serie di gare esaltanti; Iturbe e Destro sono le vere delusioni: il primo, seppur frenato da due infortuni consecutivi, non è riuscito ad integrarsi pienamente nel modulo di Garcia e sembra accusare il peso dell’enorme investimento sborsato in estate per il suo acquisto; il secondo – al di là dei 5 gol segnati, di cui solo uno realmente difficile contro il Verona da 50 metri – appare non solo involuto sul piano tecnico-tattico, ma anche immaturo sul piano delle dichiarazioni post gara, visto il fastidioso egocentrismo (non passato inosservato a Trigoria) dimostrato anche a Palermo dinanzi ai microfoni.

I giocatori sin qui citati sono 17, dai quali vanno esclusi Castan (che ha giocato solo 45′ minuti in stagione ad Empoli) e Strootman appena rientrato. Il calcolo scende a 15, non considerando il portiere di riserva Skorupski, la rosa della Roma non appare adeguata per sostenere il doppio impegno Campionato e Champions, soprattutto perchè gli altri calciatori inseriti nel gruppo per motivi vari sono stati accantonati: Cole arrivato a parametro 0, dopo le prestazioni deludenti di inizio anno non ha più visto il campo nemmeno per un minuto – ultima gara giocata a Bergamo contro l’Atalanta; Paredes, Uçan e Sanabria sono stati ritenuti dal tecnico ancora acerbi per giocare ad altri livelli (una piccola speranza resta per l’argentino che qualcosa in più ha fatto vedere già a Palermo); Borriello è un problema da 4 anni, da quando ha deciso di sedersi sugli allori del suo lauto e sproporzionato contratto, donatogli dalla precedente gestione; Emanuelson è sostanzialmente un corpo estraneo come Borriello, mentre il povero Balzaretti è infortunato dall’undicesima giornata dello scorso campionato.

L’idea complessiva che deriva da questa fredda analisi è che la rosa della Roma, soprattutto sul piano numerico, sia stata esageratamente sopravvalutata e che meriterebbe di essere rinforzata con interventi mirati già in questa finestra di mercato, ma gli acquisti tardano ad arrivare.

Resta in ultimo la problematica mentale: con il gol di Dybala sono addirittura tre le reti subite nei primi 3 minuti di gara, segno evidente di un’incapacità, soprattutto recente, di approcciare nel modo giusto alla partita. Quella cattiveria, quella voglia di azzannare gli avversari, che avevano contraddistinto la prima Roma di Garcia e che purtroppa la Juventus, nonostante i tre scudetti consecutivi, continua a dimostrare, sembra sfumata nel nulla, lasciando spazio ad una preoccupante superficialità e deconcentrazione, che poi porta i singoli a commettere errori individuali da terza categoria.

Ancor più grave probabilmente l’incapacità di portare a casa i tre punti dopo aver raggiunto il risultato di parità: sommando i minuti a disposizione che la Roma ha avuto nel derby – 2-2 di Totti al 18′ della ripresa – e a Palermo – 1-1 di Destro all’8 della ripresa – sono circa 72 i minuti, nei quali la Roma non ha mai tirato in porta e ha subito due clamorose occasioni da gol (Klose e Dybala a tu per tu con De Sanctis) sfumate per bravura del pescarese e per un pizzico di fortuna.

Bisogna ripartire, già da martedì contro l’Empoli, senza pensare troppo a ciò che si è lasciato indietro (con i sei punti buttati tra Sassuolo, Milan e Palermo la Roma sarebbe a +1 sulla Juve nonostante la famosa tripletta di Rocchi), senza continuare a creare inutili alibi alla squadra (perchè ripetere quotidianamente che a Torino la Roma ha subito un furto clamoroso rischia, alla lunga, di creare un’insana e controproducente giustificazione  nella mente dei calciatori) ripartendo se è possibile dalle certezze tecniche, tattiche e di uomini che Garcia deve necessariamente rinvenire prima nella sua testa e poi nel gruppo. C’è tutto un girone di ritorno da giocare, una Coppa Italia alla portata e un’esperienza in Europa League da intraprendere con voglia e determinazione. Sarebbe da mediocri e da perdenti alzare bandiera bianca a cinque mesi dal termine della stagione.

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