Fragili

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La Roma è una macchina guidata da un Dio laziale e ubriaco. No, non ci riferiamo a Luciano Spalletti, ma a una sorta di aurea negativa che accompagna questa squadra da 90 anni. I mezzi tecnici per tagliare il traguardo prima di tutti ci sarebbero, ma c’è sempre qualcuno che gode nel vedere l’auto giallorossa sbandare a destra e sinistra, e anche se potrebbe salvarsi e tornare in careggiata, preferisce schiantarsi.

La Roma è come un puzzle che ti regalano per Natale, ma quando vai ad aprire la confezione vedi che ti manca quel pezzo fondamentale per completarlo. Se sei testardo forse proverai a incastrare i pezzi in uno dei tanti modi sbagliati, ma alla fine l’opera resterà comunque incompiuta. Una volta è il portiere inesperto, l’anno dopo la difesa fragile, quello successivo il centrocampo stanco, quello dopo ancora l’attacco poco incisivo. È come una ruota della Sfortuna in cui sei costretto a scegliere l’handicap che ti porterai dietro per tutta la stagione, e non puoi farne a meno. Gira e rigira, tocca sempre a te.

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Scegliete voi la metafora migliore, ma la conclusione non cambia: la Roma è così, fragile. Si sgretola alla prima difficoltà, e dopo è un continuo affaticarsi per cercare di recuperare l’equilibrio iniziale. Si può reggere tutto un campionato? Assolutamente no. L’avevamo anticipato nelle precedenti settimane: puoi sperare nei due-tre gol di rimonta, puoi augurarti l’ingresso di Totti affinché tutto cambi, ma questa situazione non può ripetersi in ogni partita. E puntualmente sono infatti arrivate due sconfitte, con zero gol all’attivo su azione. Il bottino in trasferta parla di zero vittorie, un rendimento disastroso per chi da anni viene annoverata tra le pretendenti allo scudetto. Una serie continua di alti e bassi da sfidare le leggi del calcio, quelle della vita. Ma perché accade tutto questo? Ancora nessuno sa dare una risposta. Ci eravamo lasciati con un finale di stagione ricco di vittorie e speranzoso per il futuro. In estate è rimasto tutto com’era, fatta eccezione per la partenza di Pjanic. Un mese dopo la squadra è ricaduta nel baratro, e non ritengo logico attribuire questo calo alla cessione del bosniaco. Allora cosa è cambiato? In pratica nulla. Il problema l’anno scorso era Garcia, ora è Spalletti? Impossibile. L’unica via per uscire da questo complesso groviglio di domande a cui neanche Marzullo saprebbe darsi una risposta è attribuire la colpa alla mente dei giocatori. La fame di chi puntava a rimontare il Napoli nella passata stagione non c’è più, ad un tratto è sparita. Proprio come successo ai loro predecessori. Possibile che queste 4 mura di una città così grande inibiscono lo spirito di vittoria dei giocatori? Facile dire di no. Allora perché una squadra che aspira al successo costruisce e si divora tutte quelle occasioni da gol? Perché lascia libero di colpire l’avversario più pericoloso? Perché applica la tattica del fuorigioco a fase alterne? Perché concede rigori con ingenuità disarmanti? Una serie di domande di cui forse non avremo mai risposta. Se fosse davvero l’arrendevolezza dei giocatori il male principe della Roma, sarebbe comunque inesatto attribuire loro il 100% della colpa. Perché? Per questo quesito la risposta è nota: il pesce puzza sempre dalla testa.

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