Il mea culpa di Pallotta “Ho sbagliato, ma non vendo”

Il mea culpa di Pallotta “Ho sbagliato, ma non vendo”

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LA REPUBBLICA – Quarantotto ore dopo la pubblicazione dell’inchiesta di Repubblica sui retroscena della stagione della Roma, il presidente James Pallotta, con una lunga lettera aperta ai tifosi, interviene per raffreddare le reazioni e la pancia di una città impazzita. Le sue parole, segnate da un non comune spirito autocritico e da altrettanto inconsueto (per gli standard italiani) fair play, offrono un “mea culpa” per la definizione frettolosa – «tutte cazzate» – con cui giovedì mattina aveva liquidato l’inchiesta, un lavoro di cui invece riconosce la solidità giornalistica. Pallotta aggiunge preziosi dettagli a quella ricostruzione, ribadisce affetto per Daniele De Rossi, e invita la piazza a guardare avanti.

“Daniele si arrabbiò per Nzonzi” Il presidente conferma che nell’agosto del 2018 De Rossi reagì malamente all’acquisto di Steven Nzonzi («Se non mi rescindete il contratto vi faccio arrivare decimi»). «Era turbato – si chiede Pallotta – per il fatto che qualcuno fosse stato acquistato per giocare nella sua posizione, come riferito dall’articolo? Sì, lo era, ma ciò è dipeso dal fatto che il giorno precedente gli era stato detto da Monchi che non avremmo preso nessuno. Gli è stata detta una bugia. Il giorno dopo è tornato sui suoi passi e ha detto: “Mi dispiace per il mio sfogo”».

L’errore di dicembre – Pur non facendone mai esplicita menzione, Pallotta conferma poi l’esistenza della mail che lo metteva in guardia da una situazione a Trigoria fuori controllo, e il momento in cui la ricevette. «A dicembre 2018 avrei voluto operare dei cambiamenti su tutta la linea nell’area sportiva e nella sfera della preparazione atletica ma sono stato convinto a non farlo (…) Quella indecisione, forse, ci è costata un posto in Champions League. Mi dispiace per gli errori che abbiamo commesso, uno di questi si è rivelato molto grave a livello sportivo. È stato probabilmente uno dei più grandi errori che abbia mai commesso nella mia intera carriera e alla fine sono io che me ne devo assumere la responsabilità». Il narcisista spagnolo L’errore che Pallotta lealmente imputa a se stesso ha tuttavia un’origine, l’allora direttore sportivo Monchi (nella mail pubblicata da Repubblica se ne descrive, oltre agli errori di mercato, l’atteggiamento narcisista e mani
polatorio): «Monchi mi ha chiesto il 100% del controllo e della fiducia in quanto nostro ds. Ripenso ogni giorno alla sessione di mercato della scorsa estate e forse non avrei dovuto lasciargli tutta questa autonomia».

Le dimissioni di Di Francesco – Pallotta conferma anche che a un certo punto il tecnico offrì le proprie dimissioni: «Quando le cose stavano andando davvero male, lui ci ha comunicato che forse aveva perso il controllo dello spogliatoio e che, se avessimo pensato che per lui fosse ora di andare, se ne sarebbe andato senza fare resistenza». Quanto alla richiesta di “esonerare” Di Francesco contenuta nella mail, Pallotta si è limitato a specificare che questa non gli era mai stata avanzata di persona dai quattro senatori citati nel documento (De Rossi, Dzeko, Manolas e Kolarov).

Daniele e l’Ottavo Re – Nella sua lettera, il presidente offre anche la conferma della complessità della dialettica tra Totti e De Rossi: «Dire che due ragazzi, con alle spalle una relazione speciale per venti anni, siano in guerra non ha senso. Sono stati in disaccordo? Mio Dio, spero di sì. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è essere circondati da yes men». Per entrambi, però, solo parole al miele. Su Totti: «La sua maturità, le sue intuizioni e la sua competenza, nel confronto con me e con Guido (il ceo Fienga, ndr) riguardo un potenziale candidato alla panchina, sono state più utili dei consigli di chiunque altro». Su De Rossi: «Vogliamo che faccia parte di questo Club per sempre e speriamo che questo succeda».

L’assedio alla Roma – In chiusura la lettera di Pallotta conferma anche un ultimo non trascurabile argomento, quello dell’assedio interessato alla Roma da parte di chi vuole approfittare del momento di difficoltà per portare via il giocattolo agli americani. «A me sembra chiaro che ci siano alcune persone che sono insoddisfatte perché non potranno mai manipolarmi, minacciarmi o attaccarmi al punto da farmi vendere il Club. Conosco la storia di quasi tremila anni di Roma e so come funziona. Se qualcuno pensa di farmi scappare, questo non succederà».

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