Perotti, tunnel senza fine

Perotti, tunnel senza fine

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IL TEMPO (A. AUSTINI) – Un tunnel infinito. Dentro e fuori dall’infermeria, senza trovare un briciolo di continuità. Perotti si ferma di nuovo, stavolta lo tradisce in allenamento il polpaccio già lesionato in passato: oggi, al massimo domani gli esami strumentali e la diagnosi ma si può già escludere la sua presenza sabato con la Spal. E probabilmente non solo. Con tutti i problemi che ha avuto l’argentino, si è un po’ persa la visione generale di un caso cronico, riassunta da un dato inquietante: nel 2018 Perotti ha giocato solo 16 gare sulle 35 ufficiali disputate sin qui dalla Roma tra campionato e Champions. Meno della metà. Indisponibile in dieci partite della scorsa stagione da gennaio in poi e in sei su dieci
quest’anno, altre tre le ha viste in panchina e da agosto a oggi ha messo insieme appena 28 minuti a Madrid e 90 a Bologna. Dove si è fatto male, tanto per cambiare. La cronaca degli infortuni dell’anno solare svela i suoi punti deboli. Un problema ai flessori della coscia destra lo ha mandato ko a gennaio e poi di nuovo a marzo. Ad aprile un colpo sul polpaccio durante i quarti di Champions d’andata a Barcellona lo ha messo fuori causa fino alla partite in serie con Spal e Liverpool. E ad Anfield è riuscito a segnare un rigore
dopo essersi fatto male alla caviglia, da quel momento il suo nuovo incubo. Ha giocato in casa del Sassuolo l’ultima gara dello scorso campionato cercando, senza successo, di convincere Sanpaoli a portarlo al Mondiale. Quest’estate, neanche il tempo di smaltire la delusione, che un’altra distorsione lo ha bloccato durante la tournée negli States, con ricaduta a Trigoria alla vigilia dell’esordio stagionale a Torino. Quindi i due problemi muscolari al flessore (Bologna) e al polpaccio (ieri) già citati. Insomma siamo a metà ottobre e Perotti si è già infortunato quattro volte. Il polaccio sinistro gli aveva già dato noie a gennaio 2017, quando il bollettino della Roma parlava di una lesione al soleo. Insomma, non c’è pace per Diego, che nella Capitale sembrava essersi messo finalmente alle spalle quella fragilità fisica talmente limitante da fargli pensare di smettere con il calcio. Ne sa
qualcosa Monchi, testimone di una serie di infortuni durante la sua militanza a Siviglia. «Ho fatto un intervento per l’ernia del disco – ha raccontato il fantasista giallorosso qualche mese fa – prima di quello un intervento per gli stiramenti al flessore e nonostante l’operazione
ho continuato a subire lesioni. Poi ho avuto anche problemi al polpaccio e al quadricipite: quando sono tornato al Boca sono rimasto quattro mesi e ho giocato solo due partite. Lì sono stato male e ho pensato di ritirarmi». A Roma sembrava iniziata una seconda vita calcistica, sugellata dal rinnovo del contratto fino al 2021. Ma adesso Diego deve riminciare da capo, con l’umore sotto terra.

Nella stanza della fisioterapia incrocerà il suo amico e connazionale Javier Pastore, anche lui alle prese col recupero da una lesione al polpaccio in via di guarigione. Il Flaco è un altro dai muscoli fragili, ma domani potrebbe rientrare in gruppo e puntare una convazione per la gara di sabato con la Spal. Più incerti i tempi per De Rossi e Kolarov, entrambi reduci da fratture al mignolo del piede. Con loro i medici ci vanno cauti, si valutano i progressi e l’intensita del dolore giorno per giorno ma ad oggi Di Francesco non può contare su nessuno dei due per la Spal, sperando di poter riavere sia De Rossi sia Kolarov disponibili martedì 23 nella sfida cruciale di Champions all’Olimpico con il Cska Mosca. L’allenatore avrà un quadro completo delle forze da gestire soltanto domani, quando rientreranno gli ultimi nazionali impegnati oggi nelle rispettive selezioni: Olsen, Nzonzi, Schick e Kluivert. Ieri è toccato a Dzeko e Manolas, entrambi schierati titolari da Bosnia e Grecia, un’ora in campo nel test dell’Under 21 contro la Tunisia per Luca Pellegrini e Zaniolo.

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