Ranieri, c’è chi suona la campana

Ranieri, c’è chi suona la campana

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Claudio Ranieri torna a Roma. Prima conferenza, FOTO TEDESCHI

IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) – «Arare il campo»; «i giocatori devono dare tutto, fino a morire»: «pronti a lottare, a non mollare mai»; «nei momenti di difficoltà, bisogna dare ancor di più»; «se hai il pubblico romano alle spalle che ti soffia dietro, tutto può accadere. Da romanista chiedo l’aiuto a me stesso, visto che sono un tifoso». Claudio Ranieri in versione vintage, sfodera antichi luoghi comuni, che sono sempre pieni di verità. Ranieri è questo: semplice, diretto, ironico. Anche con la battuta, pronta all’uso. Tipo quella della campanella, che serviva al tecnico per svegliare il suo Leicester, con l’ormai celebre dilly ding dilly dong. Stavolta non basta una campanellina per richiamare l’attenzione dei suoi nuovi ragazzi, ma come dice lui «la campana de San Pietro…». Eccola, la battuta di sor Claudio, applausi. Si stempera la tensione, che si respira nell’aria: la situazione non è positiva, sono tanti gli assenti e la scalata al quarto posto è complicata. Ranieri usa le armi che ha, ovvero il richiamo ai tifosi, il suo essere unodiloro, poi quelle frasi a effetto, o che un effetto alla fine dovranno ottenerlo. Ci si appella alla retorica del saggio, di chi sa sempre di più degli altri, perché lì ce lo ha portato l’esperienza. E finisci per ascoltarlo, lo hanno fatto i dirigenti che hanno scelto di essere presenti ieri in sala stampa e dovranno farlo i giocatori, almeno questa è la speranza di sir Claudio, perché «da solo non ce la faccio: tutti devono essere convinti di andare in Champions».

ALLEGRIA – Ranieri cerca punti e sorrisi. O meglio, sorrisi e punti. Perché quella che ha ereditato un gruppo intristito dai risultati: «Voglio una squadra sorridente, che lotti e che non si arrenda. Chi ha problemi resti a casa. I giocatori non sono bambini, ma uomini e devono dare il meglio, che sia io o un altro. Scuse non ce ne devono essere più. Si va in campo, la palla la conoscono, il calcio pure. Se sono alla Roma e guadagnano quello che guadagnano è perché lo meritano e devono farlo vedere. Altre cose non mi interessano». Adesso dovrà trovare la formula magica per svegliare la squadra, prima che sull’aspetto tattica, Claudio dovrà intervenire sulla psiche. «L’aspetto mentale è quello che conta di più ora. Volere fortemente un obiettivo, serve gente ambiziosa. So che sarà difficile entrare in Champions, ma devo essere un caparbio e alla prima difficoltà aumento lo sforzo».

PILLOLE TATTICHE – Stasera c’è Schick al posto di Dzeko (squalificato), domani chissà. Ranieri li pensa insieme, uno vicino all’altro, perché il suo calcio prevede pochi esterni offensivi. Possono giocare insieme? «Devono giocare insieme. Patrik ha qualità incredibili, è fortissimo, velocissimo e tecnico. Se si sblocca, ed è vicino a riuscirci, farà innamorare i tifosi. Quanto a Edin, vive un periodo no, capita. E’ successo ai più grandi». Da romano e romanista, lo ripete tante volte Ranieri, è inevitabile soffermarsi un minuto su Florenzi. E il discorso non investe solo l’aspetto tattico ma soprattutto quello psicologico. Alessandro è a pezzi dopo Oporto, si è sentito (o lo hanno fatto sentire) responsabile dell’eliminazione dalla Champios. Va recuperato. «Deve tirare fuori la romanità giusta, stare petto in fuori. Non c’è niente di male a sbagliare e ammettere l’errore. Poi c’è un’altra palla da giocare, un’altra partita da giocare. Mi aspetto tanto da lui. Zaniolo è un centrale? Deve giocare in mezzo, ma se ho tre Zaniolo devo vedere chi può giocare aperto». Infine, due cosettine su Pastore. «a». Dilly ding, dilly dong.

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