Rapporti con gli ultrà, Agnelli all’Antimafia: “Il boss? Neanche il questore sapeva...

Rapporti con gli ultrà, Agnelli all’Antimafia: “Il boss? Neanche il questore sapeva chi fosse”

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LA REPUBBLICA (M. PINCI) – Se il 26 maggio i giudici del Tribunale della Federcalcio decideranno dei destini della Juventus prendendo atto delle parole in Commissione Antimafia del suo presidente, non potranno fare altro che condannarla. Davanti alla presidente Rosy Bindi, Andrea Agnelli ha infatti confermato i suoi rapporti con gli ultrà, tra cui il presunto boss ‘ndranghetista Rocco Dominello, ammettendo di fatto le violazioni dell’articolo 12 del codice di giustizia sportiva (il “divieto di contribuire alla costituzione e al mantenimento di gruppi di propri sostenitori” e di “avere rapporti con esponenti” del tifo) dei suoi dipendenti per la gestione dei biglietti: «Non l’ho mai incontrato da solo – ripete Agnelli – solo 3-4 volte con altre persone. Ma se avessimo saputo quello che è emerso, mai avremmo avuto rapporti con lui. Abbiamo commesso errori, ma il 60% dei nostri tifosi viene da fuori, e la volontà di organizzare il tifo in modo corretto ha lasciato margine alle infiltrazioni».

Curiosa la spiegazione del fenomeno del bagarinaggio allo Stadium: «Lo stadio è troppo piccolo. La domanda supera l’offerta, condizione ideale per i bagarini». Poi, un colpo a Digos, questura e Stato: «La sicurezza allo stadio è una triangolazione tra club, ultrà e forze dell’ordine. Il Gos (Gruppo Operativo Sicurezza, ndr) che ci chiede di non presidiare le curve per lasciare libertà ai tifosi caldi, io chiedo allo Stato di riprenderne il controllo. E chi fosse davvero Dominello non lo sapeva nemmeno il questore…».

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