Bastano 20 minuti, sui 9o interi, per giudicare una partita? Evidentemente, con la Roma di questo periodo, bisogna accontentarsi. Perchè la squadra vista ieri sera, almeno nei primi settanta minuti, è stata il nulla più totale. Spenta, senza idee, con nessuna possibilità neanche di avvicinare l’area di rigore, territorio nel quale Buffon era semplicemente impegnato per onor di firma. Nessun tiro, nessuno spunto, soliti passaggi all’indietro buoni solo per spazientire ed innervosire il pubblico dell’Olimpico. Eppure, nel vuoto totale della gara, c’era qualcosa di buono. Un giocatore che si dannava l’anima per scuotere i suoi. Provava a fare qualcosa per dare un piccolo segnale di vita in mezzo al deserto. Seydou Keita ha fatto di tutto per dare l’impressione di non far parte di un branco di fantasmi, di non appartenere ad un gruppo di persone svuotate da qualsiasi energia, mentale e fisica. E quando tutto sembrava finito, quando Tevez su calcio di punizione infila De Sanctis, dopo che Torosidis aveva lasciato in dieci i giallorossi, qualcosa è cambiato. Saranno stati i cambi (Totti e De Rossi fuori per Iturbe e Nainggolan), sarà stato quel poco di orgoglio rimasto nelle anime romaniste. Sta di fatto che gli uomini di Garcia hanno reagito, trovando il pareggio al 78′, grazie all’inzuccata di Keita che si è spenta in porta ridando speranze, anche se misere, di non buttare tutto nel secchio, come sembra ormai inevitabile. Il maliano è stato l’unico che è riuscito ad emergere dalla palude dei tre-quarti di match e a spiccare nell’ultimo assalto, quello che lascia l’amaro in bocca per quello che poteva essere, ma che sbatte tremendamente in faccia a tutti la realtà: anche quest’anno, non sembra aria di andare in Paradiso. Forse il numero 20 giallorosso, venti come i minuti giocati da tutti, può essere un appiglio forte al quale aggrapparsi anche per il confuso Rudi Garcia di questa seconda parte di stagione, ripartendo da chi, da solo, ha vinto più di quanto abbia fatto la Roma intera nella sua Storia.
Voto: 7
