Roma, Orgoglio e pregiudizio

Roma, Orgoglio e pregiudizio

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La Roma conquista il suo primo punto in Champions League pareggiando zero a zero in casa con l’Atletico Madrid. Sin qui tutto bene, se si valutasse semplicemente il risultato finale in funzione di una qualificazione agli ottavi, ancora tutto da giocare e che vedrà, a meno di crolli improvvisi di una delle contendenti, lottare fino alla fine i giallorossi, subito dietro a Chelsea e Atletico Madrid. In quest’ultimo concetto c’è già una prima, importante, chiave di lettura della serata di ieri.

SPAGNA-ITALIA PIANETI CALCISTICI DISTANTI – Scendendo infatti dal generale al particolare, il match contro l’undici del Cholo Simeone dimostra in maniera abbastanza oggettiva quale sia la differenza netta, evidente, chiara tra la dimensione calcistica della Roma e quella dell’Atletico Madrid,  riflesso della distanza siderale che oggi intercorre tra il calcio italiano e quello spagnolo (leggasi la disfatta della Nazionale al Bernabeu di 10 giorni fa e quella della Juve a Barcellona di ieri): esperienza, qualità tecnica, personalità, ritmo, impatto fisico sono variabili decisive nel calcio e su questi aspetti la superiorità dei Colchoneros, dopo un primo tempo sostanzialmente equilibrato e a tratti incoraggiante, è apparsa visibile a tutti già a partire dal fischio d’inizio della ripresa, in una climax ascendente, sfociata poi nel palo clamoroso colpito nel all’ultimo istante da Saul.

WORK IN PROGRESS La sensazione è che la Roma sia una squadra di buon livello, non (ri)assemblata però per essere protagonista da subito in Europa: è un gruppo all’inizio di un percorso tecnico (l’ennesimo di questi ultimi anni) che al 12 settembre, con sole 3 partite ufficiali sulle gambe, non può certamente dare certezze in un senso o nell’altro. Al netto dell’arrivo di Kolarov – calciatore di qualità assoluta ed esperienza internazionale – gli altri acquisti di Monchi, appartengono tutti alla categoria dei “buoni-ottimi calciatori” (con la speranza Schick sullo sfondo) che però non hanno evidentemente accresciuto il livello tecnico assoluto della Roma, che per affrontare all’assalto questa stagione in Italia e in Europa, avrebbe avuto bisogno di investimenti decisamente più massicci. La cessione di Salah, inquadrata in questo discorso, pesa come un macigno, perché l’egiziano è stato il calciatore che più di tutti negli ultimi due anni, al netto dei suoi atavici difetti sotto porta, ha offerto alla squadra quel picco di qualità e d’imprevedibilità, tali da rendere la fase offensiva della Roma più appariscente e spesso più efficace.

ALISSON VS DZEKOLa migliore notizia della prima in Champions è la conferma delle qualità mostrate già lo scorso anno dal portiere brasiliano, bollato troppo presto come scommessa, nonostante sia il titolare tra i pali di una delle Nazionali più forti, che si presenterà al prossimo Mondiale tra le favorite. La fase difensiva è migliorabile, ma escludendo gli ultimi 20 minuti di follia contro l’Inter, rappresenta forse l’aspetto più confortante di questo primo mese di stagione (due partite su tre 0 gol subiti), soprattutto sul piano della compattezza e degli automatismi. E’ paradossale se si pensa a quanto è stato detto e scritto a sproposito sul conto di Di Francesco, che ieri sera ha dimostrato ancora una volta di non essere uno “zemaniano talebano” ma un allenatore intelligente e preparato: la mossa di Fazio a metà della ripresa, inquietante e remissiva per molti, ci consegna invece l’idea chiara di un tecnico non integralista, ma capace di interpretare in corsa l’evoluzione delle partite. Al di là delle dichiarazioni inopportune di Dzeko che, in un ambiente dove i “dissocial” network rappresentato un gigantesco tribunale mediatico che ha già sentenziato l’inadeguatezza del tecnico abruzzese, la sensazione è che solo con il lavoro e l’abitudine a certi meccanismi, che non si acquisiscono in poche settimane (esempio il Napoli di Sarri all’inizio e oggi), quella fluidità offensiva e quella ricerca collettiva del gol attraverso inserimenti, scambi in area e movimenti preordinati, arriverà se si darà tempo al tecnico di perfezionare ciò che oggi appare quanto meno ingolfato. Pesa su questo ritardo evidente, la preparazione svolta in giro per il Mondo, non nel contenuto atletico e tattico, ma nella modalità. Non è un caso se Juventus e Roma, oltre ad esser partite per ultime la scorsa estate, siano le squadre fisicamente più in difficoltà in questo inizio di stagione, così come Peres, Perotti e Jesus che hanno iniziato il lavoro a Pinzolo, mostrano un livello atletico superiore ai “nazionali” che dopo 24 ore dall’arrivo in Usa erano già in campo contro il Psg a Boston. La soluzione finale? Semplice. I risultati. La Roma deve obbligatoriamente vincere le prossime tre gare di campionato contro Verona, Benevento e Udinese e poi fare risultato, possibile cospicuo nello score finale, contro il Qarabag, per acquisire fiducia e spazzare via, magari in parte, la diffidenza di questo inizio di stagione, ricordando però che la Roma, ad oggi, non appare una squadra costruita con l’idea di vincere in questa stagione qualcosa di importante.

P.s. mancano 2 rigori ieri sera, con quello non concesso a Perotti contro l’Inter sono 3 in due partite importantissime. Argomento che però sembra non interessare più a Roma e dintorni…

 

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