Rudi ha smarrito la sua Roma, tra illusioni, delusioni e falsi luoghi...

Rudi ha smarrito la sua Roma, tra illusioni, delusioni e falsi luoghi comuni

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GARCIA 2 roma City“Vinceremo, vinceremo, vinceremo il tricolor” un coro pieno di passione, amore e speranza che la Curva Sud ieri sera ha intonato subito dopo il fischio finale di Roma-Manchester City. Un déjà vu, un finale già visto e forse già scritto, perchè a causa di quel maledetto gol preso a Mosca a pochi istanti dal termine, le prospettive di qualificazione si erano ribaltate, dando al City (decimato) la possibilità di venire all’Olimpico e far prevalere la propria forza, prima mentale e poi tecnica, sul match.

La Roma ci ha provato ma non è bastato e dopo aver creato tanto nella prima frazione, ha abbassato il proprio baricentro sperando di portare a casa lo 0-0. Un errore fatale o forse una necessità, perchè purtroppo da diverse settimane la squadra di Rudi Garcia sembra aver smarrito se stessa. Le difficoltà fisiche e quelle tecniche di alcuni interpreti appaiono, però, problemi secondari rispetto allo stato mentale di una squadra, che sta vivendo un momento delicatissimo della sua stagione: spesso si fa il paragone tra la Roma dell’anno scorso e quella di quest’anno, annotando come punto a favore di quella odierna, l’aver costruito una rosa più profonda e potenzialmente in grado di affrontare il doppio impegno. Ma si dimentica fatalmente che, mentre l’anno scorso la Roma giocava con la spensieratezza della squadra che a sorpresa si ritrovava ad essere protagonista in campionato (unica competizione seria a cui dovevi partecipare), quest’anno sin dal ritiro estivo si è creata un’aspettativa enorme su un gruppo, che oggi sembra franare su se stesso. Combattere ogni domenica per conquistare lo Scudetto e passare il turno di Champions, significa giocare dal 31 Agosto tutte le partite per vincere, con una pressione mentale che sta schiacciando la squadra e condizionando anche l’allenatore in alcune scelte.

Una pressione che sembra aver ridimensionato alcuni singoli, incapaci ancora di rendere al 100% e di incidere in maniera costante sull’andamento della squadra: sintesi perfetta di questo concetto è l’involuzione di Manuel Iturbe, fiore all’occhiello della campagna acquisti di Walter Sabatini, che dopo un inizio sfolgorante e due infortuni, sembra un calciatore spaesato e non in grado di far esplodere sul campo tutte le sue qualità fisiche e tecniche.

Alcune battute d’arresto, in parte non prevedibili, hanno minato le certezze del gruppo e dell’allenatore, che aveva costruito sui concetti di equilibrio, spirito di sacrificio e intensità, le fondamenta della Roma migliore, rinata dalle ceneri del 26 maggio, come un’araba fenice. Le sconfitte con la Juve, col Bayern Monaco, col Napoli e i pareggi con Cska e Sassuolo hanno indebolito mentalmente la Roma, nei momenti cruciali della stagione.

Quel furore agonistico e quella cattiveria impersonificata dal miglior Maicon, dalla coppia Benatia-Castan, da Kevin Strootman prima del grave infortunio, al fianco di un De Rossi in stato di grazia, sono valori assoluti che per motivi diversi sono stati smarriti e che oggi sembrano potersi rinvenire solo nelle prestazioni di Radja Nainggolan, che da solo però non può bastare per portare a casa vittorie e trofei.

Poi arrivano i maledetti luoghi comuni “la storia della Roma è questa…” “ogni volta che bisogna vincere o fare la partita della vita, la Roma perde” “E’ colpa di quello, è colpa di quell’altro”: una inutile ricerca di capri espiatori, reali o ideali, che rischiano di mal celare le reali criticità della Roma.

TOTTI NAINGGOLAN 1 ROMA SASSAd inizio stagione le cinque vittorie consecutive in campionato, la grande serata di Champions all’Olimpico contro il Cska e il pareggio di Manchester avevano consegnato l’immagine più bella della Roma: la fotografia di una squadra unita, di un blocco unico cementato intorno al suo tecnico. Chiunque giocava rendeva al massimo, chiunque subentrava era coinvolto nel progetto e contribuiva con giocate decisive al buon esito dei match.

Una Roma che piano piano, nel corso delle settimane, si è affievolita e indebolita. Si è persa intensità e coesione nel gioco, alcuni singoli fondamentali per motivi diversi stanno rendendo al 30% delle proprie potenzialità, altri si sono persi nel corso del tempo e faticano a ritrovare se stessi, l’allenatore si è trincerato dietro un’unica idea di calcio, non riuscendo a trovare delle alternative tattiche valide per far fronte a questo momento di difficoltà.

Domenica si va a Genoa, poi ci sarà il Milan all’Olimpico nell’ultima gara ufficiale del 2014. La Roma ha perso ingenuamente, sabato scorso, la possibilità di accorciare sulla Juventus, (che sta viaggiando ad una media altissima, che la proietta al termine della stagione sulla quota dei 95 punti) per preparare al meglio la gara da dentro o fuori in Champions, e oggi si ritrova con un pugno di mosche tra le mani o quasi. Perchè l’Europa League andrà onorata fino in fondo – visto che a Trigoria la bacheca è priva di trofei internazionali importanti – perchè il Campionato ora va vinto, per rispetto dei tifosi e per rispetto di se stessi, viste le dichiarazioni d’intenti sbandierate sin dalla scorsa estate da giocatori, allenatore e dirigenti. Il tutto cercando di migliorare  la squadra nel mercato di gennaio, perchè alcuni ruoli sono evidentemente scoperti.

Nulla è perduto, ma bisognerà lavorare soprattutto sulla testa, per ritrovare la vera Roma, quella di Rudi Garcia, che per più di un anno sembrava aver definitivamente posto uno spartiacque tra la storia di una società costellata più da cocenti sconfitte, che da vittorie esaltanti e un futuro, finalmente, glorioso.

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