Stadio a rischio azzeramento

Stadio a rischio azzeramento

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IL TEMPO (F. M. MAGLIARO) – C’è uno spettro che agita i sonni alla Roma, in Regione e in Comune: nella lunga querelle sul progetto di costruire lo stadio a Tor di Valle c’è il rischio di dover ricominciare tutto da capo, dallo studio di fattibilità preliminare. La Regione tiene un piede nella porta e lascia lo spiraglio: Conferenza di Servizi chiusa ma procedura ancora aperta. C’è tempo fino al 15 giugno perché il Campidoglio presenti la nuova delibera di pubblico interesse (approvata in Consiglio comunale e quindi giuridicamente valida) e perché la Roma porti il nuovo progetto figlio di questa delibera. A quel punto si riaprirebbe una «nuova Conferenza di Servizi». Il Comune vuole fare di corsa: le parole dei suoi esponenti, in primis il capogruppo Paolo Ferrara, indicano la volontà di sbrigarsi. Ma, se il 15 giugno le carte non arriveranno, da che punto si ricomincia? Due le possibilità: si riparte dal progetto definitivo, oppure dallo studio di fattibilità. La differenza è notevole: ricominciare dal definitivo significa tutto sommato spendere «solo» altri 9 mesi di tempo dalla data del deposito del nuovo progetto.

Se si ripartisse dallo studio di fattibilità, invece, i tempi sarebbero allungati di un paio d’anni (almeno). Un primo indizio sarà dato dalla delibera del Comune. Se fosse una «novazione» (come più volte detto) di quella di Marino, vorrebbe dire che quella delibera resta valida come lo Studio di Fattibilità del 2014 su cui era basata. E, quindi, l’iter ripartirebbe direttamente dal progetto definitivo, con i suoi 9 mesi necessari, fra Comune e nuova Conferenza, per essere approvato. Tuttavia, se fosse valida questa interpretazione, non servirebbe che la Roma consegnasse (come il Campidoglio ha chiesto) nuove carte progettuali su cui basare la delibera. Un iter che sembra ripercorrere (in modo occulto) il 2014: la Roma presentò uno Studio di Fattibilità su cui si fece la Conferenza di Servizi preliminare che sfociò nella Delibera finale di pubblico interesse votata in Consiglio comunale il 22 dicembre 2014. Secondo «indizio»: nella delibera Raggi del 30 marzo si parla di un «servizio minimo di 20.000 passeggeri l’ora sull’intera tratta della Roma-Lido», cioè 16 treni e mezzo l’ora, ovvero un treno ogni 3 minuti e mezzo. Un miracolo che la Regione, ad oggi, non sarà mai in grado di realizzare, dato che si tratta di tempi di una metropolitana, ben lontani da quelli segnati oggi sulla linea.

Tempi che potrebbero essere raggiunti solo con massicci investimenti sia sull’infrastruttura ferroviaria che con l’acquisto di nuovi convogli. Scrivere, quindi, nella delibera di indirizzo che gli uffici dovranno recepire nel predisporre il testo finale un numero del genere significa esporre necessariamente l’intero progetto a una nuova valutazione di fattibilità, che andrebbe fatta anche sulla questione del ponte carrabile: si fa quello dei Congressi pagato dallo Stato o quello della Roma che il Comune vorrebbe costruire usando i soldi stanziati dallo Stato per l’altro ponte a quel punto eliminato? Il problema è che queste valutazioni di fattibilità vanno predisposte prima della delibera di pubblico interesse e prima del progetto finale: non a caso quello che la Roma presentò a marzo 2014 era appunto uno «studio di fattibilità». Fare presto, allora, e sfruttare l’ultimo spiraglio lasciato aperto dalla Regione è l’unica strada per evitare il rischio azzeramento totale dell’iter. Esattamente quello che la Roma ha chiesto, durante le trattative con la Raggi: tagliamo le cubature ma non ci fate ripartire da capo.

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