Stanno profanando la Roma

Stanno profanando la Roma

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L’istantanea finale di Roma-Sampdoria è diabolicamente sovrapponibile a quelle della maggior parte degli ultimi anni, quando le stagioni di fatto possono ritenersi concluse con alcuni mesi d’anticipo. Nainggolan guarda fisso la Curva Sud che esasperata intona cori di contestazione, diversi calciatori giallorossi sono già scappati nel tunnel degli spogliatoi. Il belga si ferma, dinanzi al coro “La Roma sotto la curva” ma Florenzi lo dissuade e lo porta con sé negli spogliatoi. Il post gara è un coacervo di contorsioni dialettiche, degne del miglior Circo Togni. Un altro atto, l’ennesimo, del teatro dell’assurdo che Kafka non avrebbe potuto rappresentare meglio di così. Dichiarazioni vuote, prive di significato, improntate ai soliti slogan: “siamo in un tunnel, ci rialzeremo” dice Florenzi, “non si riesce a risolvere il problema del gol” segnala un Di Francesco trasfigurato, che poi quando viene nuovamente imbeccato su tematiche di mercato glissa “non ne parlerò più, sennò vengo travisato, ne parla Monchi”, parole che sanno di reprimenda privata dopo lo sfogo di sabato, mal digerito dalla società.

E mentre i romanisti in preda a crisi isteriche chiedono, giustamente, la testa (metaforica) di tutte le componenti perchè non sanno più dove sbattere la loro, la Roma è stata profanata, da tutti. Non è più il “si salvi chi può” della nave che affonda, ma siamo già giunti (fine gennaio!?) alla conta dei superstiti. L’immagine di Edin Dzeko, l’ombra di se stesso, svuotato, apatico, assente, è un’altra cartolina demoniaca dell’ennesima serata folle vissuta all’Olimpico, ma anche il frutto dell’ennesima contraddizione, della serie prima: “Dzeko non si vende, è intoccabile, è l’unico che segna” da ieri “Speriamo che il Chelsea se lo prenda subito“. Le componenti del disastro della Roma sono tante, anzi tutte. La perversione risiede nel fatto che i crolli sono sempre gli stessi, mostrano sempre la medesima dinamica e coinvolgono tutti. Il presidente, contestato per le sue recenti dichiarazioni, assente e chiuso nella sua campana di vetro bostoniana, dove l’eco dell’ennesima crisi tecnica arriverà con il solito fuso orario; i dirigenti in preda a contraddizioni dialettiche e sparizioni generalizzate, che sembrano aver smarrito anche le loro primarie qualità (il Monchi di oggi non è evidentemente il Monchi illuminato di Siviglia); l’allenatore schiacciato dal peso di una stagione che improvvisamente si spezza in minuscoli frammenti, che opera cambi illogici e soprattutto sembra non sapere dove mettere le mani per riparare un giocattolo palesemente rotto da settimane; i calciatori privi di qualsiasi contenuto fisico, tecnico e psicologico in costante balia degli avversari, ma soprattutto incapaci di reagire alle prime difficoltà.

Cosa resta? Una preghiera, sincera come l’amore di chi realmente ha a cuore questi colori. Che qualcuno ci aiuti, che qualcuno salvi la Roma dalla profanazione.

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