Un pareggio che vale due punti

Un pareggio che vale due punti

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E per fortuna che Eusebio Di Francesco veniva considerato un integralista del 433. Ieri per provare a battere la Lazio ne ha provati altri tre di sistemi di gioco e alla fine è rimasto insoddisfatto pressocché di tutti: perché nel 3421 iniziale non usciva pulita la prima impostazione e i tre attaccanti giocavano troppo vicini, perché con il 3412 si sono ritrovate le distanze tra i reparti, ma è mancata la spinta offensiva, e nel 4231 finale in superiorità numerica non c’è stata la giusta lucidità per concretizzare le palle-gol che hanno preso a fioccare all’improvviso (a dir la verità solo con Dzeko e lasciando pure qualcosa alle ripartenze della Lazio in dieci). Come scrive Il Romanista, questo pareggio vale due punti (perché in caso di arrivo in parità la Roma è avvantaggiata rispetto alla Lazio) e alla fine va bene così. La sintesi migliore è forse proprio quella che propone l’allenatore della Roma, che almeno vede la strategia difensiva in chiave prettamente offensiva, con una linea altissima e un pressing continuo (ma è difficile farlo contro squadre che non partono sempre dal basso). È quello che chiama spesso il “suo” calcio. E invece poi succede che in una tribuna televisiva come quella di Sky, piuttosto che accompagnarlo e confortarlo nelle sue rivoluzionarie teorie, preferiscano schernirlo proprio per quella sua espressione: «Strano per uno che ha fatto calcio. Di solito i tecnici non parlano così. Il calcio non è suo, è di tutti». (…). E’ per questo che invece, a Roma, ci teniamo stretto Di Francesco e il «suo» calcio.

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