Vai Kjaer: Tatuaggi, vini e Liverpool per il vichingo

Vai Kjaer: Tatuaggi, vini e Liverpool per il vichingo

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GAZZETTA DELLO SPORT (A. PUGLIESE) – Non è più il «picciriddo» di Palermo, quello che due anni fa, dopo sole 15 gare in rosanero, aveva fatto innamorare di sé tutte le big d’Europa. E, probabilmente, non ha neanche più paura dell’Italia, anzi di una parte di essa, come disse appena arrivato dalle nostre parti («I danesi hanno una pessima opinione del sud, dicono sempre di non andare da Roma in giù, è pericoloso»). Oggi Simon Kjaer è più maturo di prima, anche grazie all’esperienza (non super) fatta in Germania, al Wolfsburg («È stato un anno difficile, ma non rimpiango niente»). Di certo, però, c’è che se è vero che è arrivato a Roma per fare il terzo centrale di difesa, è anche vero che dopo Milano le sue quotazioni sono in rialzo. Un po’ come a Palermo, quando partì come quinto e poi giocò sempre. «Ma in rosanero sono stato anche fortunato: Bovo e Carrozzieri fuori per infortunio, Raggi e Dellafiore ceduti a Samp e Torino», disse allora.

In attesa Qui, per ora, l’unico quasi sempre fuori è Juan (ma ieri è tornato ad allenarsi). Poco male, se Kjaer è quello visto con l’Inter, la Roma può dormire sonni tranquilli. Forte e sicuro in fase difensiva, una sicurezza nelle palle alte, non ha mai ceduto al suo litie atavico, la perdita di concentrazione. E se proprio si vuole andare a trovare un aspetto non positivo, sono i tanti palloni gettati in avanti in fase di impostazione. Ma lì dipende dal modulo di Luis Enrique, migliorerà. «È un grande acquisto per il presente e per il futuro della Roma», dice Rino Foschi, d.s. del Padova, l’uomo che lo scoprì al torneo di Viareggio nel 2008 e che lo portò a Palermo con un blitz notturno a Herning, in Danimarca. Lì Simon giocava con il Midtjylland, dove papà Jorn era team manager. Ed era già nel mirino di molti dei top-club europei (oltre che di Inter e Fiorentina).

Casa e tattoo Già, la Danimarca, casa sua, una terra a cui Kjaer è legatissimo e dove appena può, torna dalla sua famiglia (che ha un’azienda di vini, molti importati dall’Italia). Non è un caso che uno dei tanti tatuaggi di Simon siano 4 stelle sull’avambraccio sinistro. «Rappresentano me, papà Jorn, mamma Lotte e mia sorella Alberte, che ne ha uno uguale», ha detto in un’intervista al Welt, in Germania. Il primo, però, arrivò a 18 anni e glielo regalarono proprio i genitori per Natale. Poi, tutti gli altri. «Sulla spalla ho un angelo che mi protegge, mi piace pensare che ci sia qualcuno che mi guida dall’alto. E sul braccio ho tatuata “l’ultima cena”. Volevo qualcosa di veramente importante, mi piaceva la storia di quell’evento». Tutti tatuaggi intrisi di religiosità.«Credo che ci sia qualcosa tra cielo e terra che non sappiamo spiegare, ma non prego e non vado in chiesa».

Passione football Simon ha iniziato a giocare a 4 anni ed ha sempre faticato a scuola. Nonostante tutto, ha finito quella secondaria, ma niente università. Tra un libro e l’altro, la mente volava altrove. «A Laudrup, Gerrard ed il messicano Maruqez, i miei idoli di gioventù. E poi Fabio Cannavaro e Terry, mi ispiro a loro». Ed al Liverpool, il suo primo grande amore calcistico (Camilla, la sua fidanzata storica da quando ha 15 anni, è altro). «Sono cresciuto con il mito dei Reds, da piccolo guardavo solo la Premier League». Ora, invece, tanta playstation e poche serate mondane. A Palermo amava arancine e panelle, qui apprezzerà carbonara e amatriciana. E Roma, ne siamo certi, apprezzerà lui.

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