Vincere e non sorridere

Vincere e non sorridere

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La Roma a San Siro 4 reti contro il Milan non le aveva mai fatte. Pensare di farle dieci anni fa sarebbe stato un’impresa quasi impossibile, venti anni fa un sogno inimmaginabile. Eppure ieri nessuno se n’è accorto. Un poker nella Scala del Calcio (la seconda dominante vittoria di fila in trasferta contro i rossoneri) dopo i tre gol rifilati all’Inter due mesi fa. Numeri in controtendenza con quelle che sono le tradizioni calcistiche in Italia con le milanesi, dietro solo alla Juventus per palmares e trofei vinti. Affermazioni che testimoniano la crescita della Roma o forse la caduta del Diavolo e dei più ‘ammalati’ cugini nerazzurri. Rovesciamenti storici a cui forse siamo abituati da anni considerando la classifica da quattro anni a questa parte. Ora però fermiamoci un attimo e vediamo quanti passi in avanti abbiamo fatto. Siamo diventati grandi. Grandi abbastanza? Ancora no, grandi appena. Ma siamo migliorati e tanto anche. Tutti? No, tutti no. Qualcuno di noi ha preferito fermarsi e non crescere. Chi? Tutti noi, tutti noi romanisti. Romanisti che racchiudono tifosi, dirigenti, calciatori, giornalisti, allenatori e chiunque osservi per strada alla fermata di un semaforo. Chiunque sia complice di quella fede che ci fa vedere tutto più chiaro e più scuro in una frazione di secondo. Quella fede che ci fa ammalare, ma ammalare sul serio. Siamo rimasti fermi sui nostri passi, non siamo cambiati, forse non abbiamo voluto farlo. Quella vena di esaltazione, decadimento, di far polemica ogni volta che la situazione ce lo permette. Quella voglia ancora non ci è passata. Ne siamo vittime, quasi imprigionate. Non siamo mai stati bravi nel goderci pienamente le vittorie. Si è sempre preferito invece creare una sorta di Parlamento interno, dove la parola unità non esiste e l’importante alla fine è avere ragione. Lo abbiamo rifatto con Totti e Spalletti. Siamo caduti nella trappola che ci avevano preparato, cascandoci ancora una volta. Dal ritorno dello Zar al ‘vattene’, dal ‘ritirati’ al ‘menomale che ci sei te Francè, non ci lasciare mai’. Siamo stati bravi a farlo. Cambiare umore è la nostra specialità, è ciò che ci contraddistingue, è quell’inquietudine che ci portiamo dietro da sempre e che nessuno al di fuori di noi potrà mai capire. Questa volta però abbiamo esagerato. Ci siamo fatti scappare la nostra forza più grande. Totti e Spalletti, coloro che da dieci anni a questa parte avevano rappresentato le nostre certezze. Come aver perso in un colpo solo l’amore e la carriera. Ha sbagliato probabilmente Spalletti nel non metterlo in campo negli ultimi dieci minuti contro il Milan, ma altrettanto sbaglia chi rinfaccia poi all’allenatore quei ‘solo 10 minuti, non c’è rispetto’ e ‘può giocare tutta la partita, è ancora un fenomeno’. Il risultato finale è dividerci noi e dividere loro. Costretti ancora a mettersi faccia a faccia, l’uno contro l’altro, ad aspettare che l’altro crolli e lasci gli elogi al vincitore. Questa volta però non ci saranno vincitori, solo sconfitti. E la colpa sarà anche nostra…che non abbiamo avuto voglia di crescere.

1 COMMENT

  1. Articolo del menga…forse a Torino poteva avere un senso, la piazza di Roma è ben diversa, ragiona con il cuore, non con i tatticismi o la pragmaticità. Se un sito come il vostro non l’ha ancora capito, siete voi che siete scollati dalla romanità e dall’essere giallorossi. Essere romanista significa ben altro, anche con i suoi eccessi. Tifoso è una cosa, romanista un’altra.

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