Vorrei ma non posso

Vorrei ma non posso

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La Roma torna a correre e lo fa nel migliore dei modi, regalando ai tifosi un martedì da urlo. Sembrerebbe una notte da Champions, peccato si tratti solo di campionato. La speranza è che questa partita almeno un posticino nella prossima coppa dalle grandi orecchie lo garantisca. Riavvolgendo il nastro a ieri sera aumentano i rimpianti per quello che poteva essere e probabilmente non sarà.

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Non è servito neanche il massimo sforzo per strapazzare la Fiorentina, che ci ha messo anche del suo per subire l’imbarcata, presa a pallonate a destra e a manca, incapace di opporsi alla sfuriata giallorossa. La difesa è tornata di roccia, Szczesny si è ripreso il suo solito caffè in attesa che arrivasse qualche minimo pericolo, i muscoli del centrocampo hanno dettato legge, Dzeko in avanti è stato boa e finalizzatore, confezionando i gol numero 16 e 17 del suo campionato. Tutto perfetto, considerando anche le assenze di Perotti e Salah, e l’ennesima conferma di Emerson Palmieri, che rendono Mario Rui un inaspettato panchinaro di lusso in attesa del suo completo recupero. Peccato che poi tornano alla mente i passi falsi di Genova, Cagliari ed Empoli, a rendere amara quella che poteva essere una stagione di gloria.

«Vorrei ma non posso» è un ritornello che riecheggia e ci trafigge, come una coltellata lenta ma dolorosa, un cerotto su una ferita che di rimarginarsi non ne ha proprio voglia. Sarà la rosa corta, complice un mercato tardivo e non esaustivo, saranno i temi non ordinari come lo stadio e i prolungamenti di contratto che coinvolgono Manolas e company. I motivi sono tanti, o forse nessuno. Quel che è certo è che l’ossessione di vincere ogni tanto rimane intrappolata e lascia spazio alla noia. Noia intesa come mancata volontà di osare, di tentare di andare oltre, di superare le paure. Limitarsi al compitino è da deboli, è per chi non ha ambizioni, o forse per chi è troppo sazio. Nessuno però ha più fame di noi, e allora facciamola vedere. Dare sempre il massimo da qui alla fine per portare a casa un trofeo, questo deve essere il diktat, non nelle parole ma nello spirito. Se non è lo scudetto che sia l’Europa League, perché ormai l’abbiamo capito tutti: senza risultati anche la nostra guida sarebbe smarrita.

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