La verità di Bergamo sull’arbitro pagato dalla Roma

La verità di Bergamo sull’arbitro pagato dalla Roma

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Questo articolo è tratto dal sito Calciogp.it, il sito di Giancarlo Padovan, ex direttore di Tuttosport, in cui racconta la vera storia, secondo Paolo Bergamo, della vicenda Roma-Dundee del 25 aprile 1984. Come ricorderete tutti, Riccardo Viola, figlio di Dino, fece uscire il racconto del pagamento all’arbitro Vautrot di 100 milioni di lire ad un certo Paolo per avere rassicurazioni del passaggio alla finalissima di Coppa dei Campioni, al fine poi di denunciare il fatto.

Roma-Dundee, 25 aprile 1984, semifinale di Coppa Campioni: nell’andata, in Scozia, la Roma di Eriksson perse 2-0, salvo poi ribaltare la qualificazione con un clamoroso 3-0 che la spedì alla sciagurata finale contro il Liverpool. Ma a quell’incontro con i campioni scozzesi è legata una delle pagine più torbide della storia giallorossa, quella della presunta corruzione all’arbitro francese Vautrot, rievocata a sorpresa dieci giorni fa da Riccardo Viola, figlio dell’allora presidente Dino, il quale ha nuovamente tirato in ballo Bergamo, indicato come possibile intermediario dell’illecito.

Ma la verità è ben altra: «Mi ha profondamente meravigliato che il figlio di Dino Viola non sia stato minimamente preciso nella ricostruzione dei fatti. Capitò tutto un po’ per caso l’anno successivo alla partita: chiacchierando del più o del meno con l’addetto all’arbitro dei giallorossi, scoprii che in ambiente romanista molti pensavano che “quel famoso Paolo” fossi io. Mi offesi profondamente al punto che iniziai delle ricerche a titolo personale, solo perché temevo che l’ufficio indagini avrebbe insabbiato la vicenda se avessi denunciato l’illecito senza le prove. Così chiamai il direttore sportivo della Roma, Spartaco Landini, che mi raccontò la verità: si fece dare 100 milioni da Viola e organizzò una truffa con la connivenza di Paolo Cominato, ex giocatore della Roma e a quel tempo osservatore per il Bari, il quale millantava amicizia con Vautrot.

L’arbitro francese, però, non vide mai i soldi che si intascarono i due (35 milioni Landini e 65 Cominato, soldi con cui quest’ultimo acquistò subito un paio di appartamenti). Chiesi a entrambi un incontro per chiarire definitivamente la mia posizione all’interno dell’ambiente romano, ma decisi di cucirmi addosso un piccolo registratore professionale perché le loro parole avessero valore legale.

Ci trovammo all’Hotel Carlton di Bologna e i due truffatori confessarono candidamente la vicenda, aggiungendo che non avevano idea di come potesse essere trapelato il mio nome. Dopodiché portai la bobina in tribunale a Roma e si aprì il procedimento penale: Landini e Cominato furono condannati a un anno di reclusione per truffa e alla restituzione dei 100 milioni a Viola. Io fui invece sospeso quattro mesi per mancata denuncia all’ufficio indagini, ma se non altro ho lavato via il fango che mi stavano gettando addosso. Ho già fornito mandato al mio legale perché contatti Riccardo Viola: se non ricorda bene la storia, sono pronto a rinfrescargli la memoria in qualsiasi momento e in qualsiasi sede.

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