“La Roma è con me, andremo lontano”

“La Roma è con me, andremo lontano”

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Il Messaggero – U.Trani «Vamos a ganar». Luis Enrique lo dice piano. Come se non volesse farsi sentire.

E per non passare per spaccone. Ma l’espressione, più allegra e spiritosa del solito, e diversi concetti della sua chiacchierata con i media, meno vaghi che nel recente passato, sono elequenti: Lucho intende trasmettere convinzione alla piazza e soprattutto ai giocatori. A vederlo così sereno e motivato, c’è da credergli: la sfida contro l’Inter, stasera a San Siro, la immagina come quella della svolta.

«Speriamo», ripeterà più volte. «E’ una partita difficile per entrambe le squadre che non hanno iniziato bene. Chi prende i tre punti incasserà la crescita della fiducia. La Roma, nelle ultime dieci gare a Milano, ha perso cinque volte e vinto solo una. Ma faremo una bella partita, che può finire con un successo». L’ultimo qui, nella Supercoppa, il 19 agosto 2007, mentre in campionato, sempre con Spalletti, il 18 aprile dello stesso anno. In bilico è il suo collega nerazzurro, non lui, anche se entrambi sono ancora senza vittorie in tre match ufficiali: «E’ uguale in Spagna. Comandano i risultati e non c’è mai pazienza. Gasperini è un grande allenatore, a dimostrarlo è la sua carriera».

Ma Lucho, rispetto al nerazzurro, si sente con le spalle coperte dalla nuova proprietà e proprio per questo innamorato e coinvolto: «E’ molto importante quando si inizia un progetto sostenere la persona scelta per il nuovo percorso. Ho ringraziato i dirigenti per la fiducia, tra noi c’è un rapporto molto franco. Quando non crederanno più in me, risolveremo subito il problema. Sono qui per passione, per trasmettere le mie idee di calcio, ma non rimarrò mai aggrappato alla poltrona. Per me la fiducia del club è fondamentale e credo che anche i giocatori l’abbiano percepita. Non mi sento solo dopo l’addio di De la Peña: ho un grande staff. Io sto benissimo: questa città è meravigliosa e sono contentissimo di vivere questa esperienza, di imparare dal calcio italiano e una nuova lingua e una nuova cultura. Vorrei rimanere qui almeno per i due anni di contratto, ma dipende dai risultati».

Sa come lanciare la Roma: «Facendo un gol in più dell’avversario: basterebbe. Spero già da questa partita». Avverte: «Non sappiamo cosa ci aspetterà, se giocheranno dietro a tre o a quattro. Sicuramente sarà dura per noi. Ma garantisco che giocheremo sempre meglio, creando più occasioni. Sono ottimista». Solo 19 convocati, compreso il terzo portiere Lobont. Niente Cicinho, Juan, Simplicio, Lamela e Okaka, l’infortunato Greco e i giovani. Spiega come sceglierà i titolari: «Per la fame e la voglia di vincere viste negli allenamenti. Altre volte al video mi rendo conto che un calciatore è ottimo. La mia filosofia è semplice: mettere gli undici che io considero i migliori». In attacco quattro uomini per due posti. Luis Enrique li mette tutti sullo stesso piano: «Borini la prima palla che ha toccato ha fatto gol. Borriello è andato benissimo, per me pure Osvaldo. Sono contento di avere tanti giocatori così, la concorrenza è vitale. Tutt’e quattro si sono allenati come voglio».

Si aspetta risconoscenza dalle sue otto punte (compresi quelli che non sono qui, Lamela, Okaka e Caprari): «Ne metterò sempre tre, come minimo. Mi piace giocare all’attacco, mi servono giocatori offensivi che sappiano fare gol. Sono fortunati ad avere uno come me che schiera sempre il tridente rispetto a uno che fa giocare una o due punte. Un attaccante di solito si preoccupa quando non arrivano occasioni, non è il caso nostro. C’è da sistemare solo qualche meccanismo. E Totti? Non mi chiedete niente?». La questione non lo infastidisce più: «Se gioca? Avverto prrma lui e gli altri. Per rispetto. Non gli ho mai detto che con me segnerà venti-trenta gol. Gioca nella posizione ottimale: lì può far gol e anche assist». Il capitano ci sarà, anche Borriello, favorito su Osvaldo, mentre è ballottaggio tra Bojan e Borini. Se gli interpeti possono ruotare, il sistema di gioco non cambia: «Siamo i terzi del torneo nei tiri in porta: nove. Punto sul possesso palla perché voglio il controllo del match. Non modifico il modulo per tre-quattro partite storte. Posso studiare varianti, perché non sono rigido. Ma io voglio ottenere risultati e ho fiducia nel mio assetto. Che scelgo indipendentemente dall’avversario. Poi se i rivali fanno la difesa a tre o a quattro, cambia il modo di pressare. Insomma darò consigli in base all’avversario». Cioè l’Inter in crisi: «Penso alla Roma e basta, mi interessa renderla competitiva. Loro nell’ultima partita non sono stati fortunati sotto porta, come noi. Ma è squadra di grande livello: ha vinto la Champions, ha ottimi giocatori e sarà un importante test per vedere se siamo cresciuti».

 

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