“Non mi dimetto”

“Non mi dimetto”

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IL ROMANISTA – D. GALLI  –

Stavolta digerire la sconfitta è dura. Più dura del solito. Più dura di sempre. La Roma tocca oggettivamente il suo punto più basso, ma Luis Enrique al limite si piega. Non si spezza. L’hombre vertical. Anzi, più fico: Ironman. E mica lo chiamano l’uomo d’acciaio così, tanto per dire.

«Se sentirò che non mi seguono», avverte a fine incubo, «me ne andrò, ma ora non è quel che vedo». È la premessa necessaria e indispensabile di un pensiero semplice: «Le dimissioni in caso di sconfitta con la Juve? Non sono qui per rimanere seduto, non mi piace lavorare per i soldi. Io sono qui per la fiducia della società e se vedrò che i calciatori, i protagonisti, non mi seguono, mi comporterò di conseguenza. Ma va chiesto a loro». Lucho ci mette la faccia, non cerca alibi, ammette le difficoltà («voglio stare a casa con la mia famiglia e valutare la situazione » dice, ma è una frase che non preannuncia affatto delle imminenti dimissioni). E si sente in colpa. Per i romanisti. «Mi sento male come qualsiasi calciatore della Roma o qualsiasi allenatore nella situazione in cui ci si trova adesso. Mi spiace per i tifosi – ieri si sono sentiti dei cori contro il tecnico, ndr – perché lavoriamo per loro, per cercare che godano degli sforzi nostri, dello staff tencico e della società. Li capisco e li rispetto al massimo. Ho sempre avuto rispetto massimo per i tifosi e continuerò ad averlo. È normale che siano arrabbiati. Io posso solo continuare a lavorare e stare qui al mio posto quando la squadra ne ha bisogno».

Assolve i giocatori, non se stesso. «I calciatori hanno fatto tutto il possibile, non ho critiche per loro. Sono il massimo colpevole, il primo responsabile di tutto e mi spiace moltissimo per lo sforzo che hanno fatto i tifosi per venire qui e per tutti quelli che hanno visto la partita in tv». Viene assolto anche Heinze, che saltando non riesce ad anticipare Gamberini: «Io penso che sul secondo gol è più merito di Gamberini che un errore del mio difensore. Heinze lo marca, ma Gamberini è più bravo. Quando si perde è più facile parlare male dei giocatori». Secondo il tecnico, cambia tutto con il rigore/espulsione di Juan: «Ha condizionato la partita. Fino a quel momento avevamo in mano la partita. L’atteggiamento era quello giusto ». Certo è che là fuori c’è tanta notte. «Noi allenatori – commenta Luis – passiamo per situazioni simili. Le cose non vanno come vogliamo e non arrivano i risultati ed escono i dubbi. È ancora presto e dobbbiamo lavorare, ma ovviamente non è facile. Se ho parlato con i dirigenti? Ci parlo sempre». Dopo il rosso a Juan, la Roma resta con le due punte. Lucho spiega perché: «L’ho fatto per mettere in difficoltà la Fiorentina, ma non è andata così. È arrivato il secondo gol su calcio piazzato e poi tutto quello che abbiamo visto».

Luis Enrique non vorrebbe tornare sulla scelta di tenere fuori Osvaldo: «Di lui si è parlato anche troppo. È una decisione che riguarda una squadra che vuole essere squadra. È il mio pensiero, magari sbaglio, so che ce ne sono tanti diversi ». Totti è rimasto in panchina. Lucho spiega così il mancato impiego del Capitano: «Viene dall’infortunio di quindici giorni fa e la settimana scorsa è stato colpito alla caviglia operata, saltando due allenamenti. Ho pensato che non fosse al 100%. La Juve? Ora vediamo come si trova, vediamo come lavora e come arriverà alla prossima partita». Per Baldini, i cori a favore del Capitano possono influenzare l’ambiente. Ammette Luis Enrique: «Prima di venire in Italia lo sapevo che si sarebbero fatti questi discorsi prima o poi. Di Francesco posso solo parlare bene, sia come uomo sia come calciatore. È il migliore calciatore della storia della società ed è normale che i tifosi facciano cori per lui. Mi piace questo rapporto tra tifosi e calciatori. Io continuo per la mia strada. Faccio il mio lavoro. Spero di farlo al meglio ottenendo i migliori risultati. Ma nel calcio non sempre le cose vanno come pensi debbano andare». L’importante è non spezzarsi. Ad Ironman non capita mai.

 

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