Pallotta: “Roma, vincerai come i Celtics”

Pallotta: “Roma, vincerai come i Celtics”

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CORRIERE DELLO SPORT (P. TORRI) – Mister Pallotta ha i colori medi­terranei, la faccia romana, lo sguardo di chi è meglio non avere seduto accanto al tavolo da poker. Un genio degli investimenti lo ha definito il Financial Times che non è propria­mente un giornaletto condominiale. La sua fortuna l’ha costruita con gli Hedge found, tradotto sarebbe fondi speculativi che, d’istinto, potrebbe pure suonare male. Tutto regolare, al contrario, soprattutto per lui che, nonostante i morti e feriti che si è lasciata al­le spalle la recente crisi economica che ha investito il mercato mondiale, è sempre più in sella, ha chiuso un fondo, ne ha aperto un altro, si chiama Toronto, gli investitori hanno continuato ad avere fiducia. Ha un patrimo­nio personale stimato intorno al miliardo e mezzo di dollari, la gestione di un fondo da due miliardi, una partecipazione importante nella proprietà dei Boston Celtics che, grazie al suo ingresso nel pacchetto azionario, in po­chi anni ha riportato al livello cui sono sem­pre stati, cioè la franchigia della Nba più vin­cente, importante e popolare insieme ai riva­li di sempre, i Lakers di Los Angeles.

«Avevo promesso che in cinque anni avrei riportato i Celtics al titolo, ci siamo riusciti. Ora voglio fare la stessa cosa con la Roma che da dieci stagioni non vince lo scudetto» : ci ha accolto così, mister Pallotta, negli uffi­ci dello studio Bingham nel tardo pomeriggio americano di venerdì, quando le firme sui contratti d’acquisto della Roma erano anco­ra fresche d’inchiostro, dopo aver chiesto di incontrare un gruppo di giornalisti italiani per presentarsi. Ci ha accolto pure, come pia­ce fare tanto agli americani, con l’inevitabi­le strizzata d’occhio all’immagine, questa vol­ta materializzata da un pallone della Roma tra le mani e una maglia di Francesco Totti appoggiata sulla giacca pronta a essere esibi­ta di fronte all’unica telecamera presente.

NONNA DI RIETI – Circondato da alcuni degli uomini del suo più stretto entourage, mister Pallotta si è presentato cominciando a parla­re delle sue origini italiane e romane di cui va molto orgoglioso: «Sono un italo americano, ma nella vita ho sempre fatte mie le parole di mio padre che mi diceva di sentirmi italia­no. La mia nonna materna era di un paesino vicino Rieti, dove ci rechiamo ogni volta che andiamo in Italia: avevano un negozio di mo­bili nella vostra capitale, si chiamava Savio­li. Tutti noi ci abbiamo sempre tenuto tantis­simo alle nostre origini italiane, mio figlio parla benissimo la vostra lingua. La mia fa­miglia ha sempre amato e seguito il calcio, ma fino a pochi giorni fa nessuno di loro sa­peva che insieme a un gruppo di amici sta­vamo acquistando la Roma. Ora tutti vorran­no venire all’Olimpico per vedere le partite della squadra. Sono sempre rimasto impres­sionato dalla straordinaria passione dei tifo­si italiani che è molta di più e più coinvolgen­te di quelle che qui la gente ha nei confronti dei Celtics e dei Red Sox. Io so quanto sono crazy i tifosi romanisti, ma loro ancora non sanno quanto sono crazy io» .

Il progetto Roma per mister Pallotta è an­tico di almeno tre anni. Solo la crisi economi­ca degli anni passati lo ha rallentato, ora fi­nalmente può cominciare con l’obiettivo di riportare la squadra giallorossa ad altissimi livelli, lo stesso obiettivo che l’imprenditore americano aveva quando entrò nei Boston Celtics: «Già tre anni fa pensai di prendere la Roma. Avevo saputo del progetto di George Soros, poi la crisi economica ha bloccato tut­to. Anzi, meglio dire rallentato, perché nel momento in cui Tom DiBenedetto me lo ha riproposto, siamo ripartiti, convinti di poter­lo portare a compimento. Siamo quattro so­ci, cresciuti tutti qui a Boston, siamo amici di vecchia data. Il nostro leader player sarà Tom che è un manager straordinario. Io, Ruane e D’Amore faremo parte del comitato esecutivo, ma alla fine della giornata quello che prenderà le decisioni sarà Tom. Roma è un nome e un brand conosciuto tutto il mon­do, ci sono 3000 anni di storia a testimoniar­lo. Ce ne siamo già resi conti, visto che negli ultimi giorni molti personaggi che lavorano nel nostro soccer ci hanno già contattato per organizzare amichevoli qui negli Usa con la Roma protagonista. Il mio sogno è quello di organizzare una partita a Feneway Park, lo stadio dei Red Sox, tra Roma e Liverpool, credo che già la prossima estate potremo rea­lizzarlo. Il nostro obiettivo non può che esse­re uno: riportare la Roma a vincere lo scudet­to. L’ultimo è del 2001, è ora che la Roma tor­ni ai livelli gloriosi della sua storia. Abbiamo fiducia perché Tom c’è riuscito con i Red Sox, io con i Celtics» .

TOTTI COME GARNETT – Prima dei saluti, mister Pallotta ha voluto parlare anche della Roma attuale, partendo, come ti sbagli, dal capita­no: «Voglio fare soltanto un nome, quello di Francesco Totti. Credo non si possa offende­re se dico che è un giocatore speciale. Se mi chiedete chi sono i big four della Roma, pa­ragonandoli a quelli dei Celtics, Garnett, Pierce, Allen e Rondo, mi limiti a fare il no­me di Totti. Anche perché non vorrei scon­tentare nessuno. Poi è chiaro che ci sono gio­catori che a ognuno piacciono di più e altri di meno. Montella lo conosco, negli ultimi tem­pi ho visto tutte le partite della Roma in tele­visione. Ma non chiedetemi cose societarie e tecniche perché in questi campi l’unico dele­gato a decidere e parlare è Tom. Mi piacereb­be venire a Roma per l’ultima partita di cam­pionato, ma dipenderà da quanta strada fa­ranno i miei Celtics nei playoff. In ogni caso presto sarò lì perché andare a Roma è sem­pre un piacere. Forza Roma».

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