Roma, domani vertice chiave

Roma, domani vertice chiave

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Cinque offerte, tre sono importanti. Ma quella che sembrerebbe leggermente in vantaggio è americana. A ieri, il vento attorno al dossier As Roma pareva soffiare in questa direzione. A ieri. Perché quello che è valido oggi, in una fase così delicata, potrebbe anche non esserlo domani, quando Rothschild, Unicredit, il professor Zimatore in qualità di presidente del Cda di Italpetroli e Rosella Sensi si incontreranno per vagliare in maniera approfondita tutte le proposte. Ieri, l’advisor ha provveduto a inviare alla dottoressa e a Unicredit l’intero dossier. Dal punto di vista strettamente economico le offerte più importanti, sommando il prezzo di acquisto, l’Opa e la ricapitalizzazione, sarebbero vicine ai 200 milioni. La differenza principale sarebbe una quota superiore per l’acquisto da parte degli americani, mentre gli Angelucci metterebbero di più nella ricapitalizzazione. Attraverso quali criteri, dunque, si prenderà la decisione finale? Facciamo un piccolo passo indietro.

Nel comunicato diffuso lunedì da Compagnia Italpetroli c’è un passaggio fondamentale: «L’esame delle offerte vincolanti – si legge – avverrà sulla base di criteri non solo quantitativi ma anche qualitativi». L’As Roma, questa è la giusta chiave di lettura, sarà venduta a chi presenterà il miglior mix tra parte economica e progetto industriale. Tradotto: non basta offrire più degli altri, bisogna anche spiegare come si intende mantenere competitivo il club. Più dettagliatamente, i criteri di scelta sarebbero tre. Primo, l’offerta economica in senso stretto. Facile: è la cifra che si è disposti a spendere per l’acquisto. Secondo, il piano industriale. Pure questo si sapeva. Stadio di proprietà, merchandising, eventuali nuovi sviluppi del marketing, sono tutti punti a favore per chi vuole comprare l’As Roma. Il terzo criterio dovrebbe essere la reputazione dell’investitore. Conterebbe, a quanto risulta a Il Romanista, il rapporto con la piazza giallorossa. Alla luce di queste considerazioni, l’impressione che si aveva ieri – sottolineiamo ieri – era che la proposta del consorzio guidato dall’italoamericano Thomas Richard DiBenedetto fosse in lievissimo vantaggio sulle altre.

Uno dei membri della cordata, Julian Movsesian, ci ha tenuto a rimarcare quanto tengano all’operazione: «Sarebbe un onore per noi prendere un asset come la Roma, che rappresenta un trophy asset». Di poco, ok. Ma gli americani sarebbero sia davanti ad Angelucci, perché il loro sarebbe, appunto, il miglior mix tra i tre criteri che abbiamo elencato. L’offerta di Angelucci, comunque, complessivamente (ovvero: somma per l’acquisto, più quella da destinare all’Opa) viaggerebbe su cifre simili, ma gode del favore di una parte della politica romana. Resterebbe incomprensibile, se l’esito fosse una gara a due tra DiBenedetto e Angelucci, come mai il fondo Aabar, dalle infinite risorse economiche, abbia presentato un’offerta non comptetiva. Ecco perché non si esclude una nuova competizione a tre, con rilanci, come a poker. Unicredit puntava a concludere l’intero processo di vendita entro la fine di marzo. La scadenza potrebbe essere rispettata. Come era prevedibile, intanto, la presenza di un ampio ventaglio di offerte, tra cui quella di Aabar, ha fatto schizzare verso l’alto il titolo As Roma, che ieri ha guadagnato il 3,57% a Piazza Affari, chiudendo a 1,249 euro. Il valore di Borsa della società, adesso, è di oltre 159 milioni di euro.

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