Il Messaggero (A.Angeloni) – Era molto giovane, non aveva ancora 23 anni, quando a Kaiserlautern alzò troppo il gomito contro McBride al mondiale in Germania, lo stesso che poi riuscì a vincere, e da protagonista, nella finale con la Francia. Dopo la squalifica, il rigore contro Barthez e quell’urlo aveva fatto dimenticare in un flash tutta l’amarezza e la rabbia accumulate e anche certi giudizi (cattivi) affrettati nei suoi confronti. Giudizi che non tenevano conto che Daniele era davvero un ragazzino e quell’alzata di testa (anzi, di gomito) poteva essere considerata sbagliata, ma andava perdonata con una certa facilità.
Era il suo ritorno in Nazionale: non giocava dal 16 novembre scorso, quindi aveva perso il posto quasi da un anno. Cosa insolita per lui che da quel 4 settembre del 2004, aveva dovuto rinunciare alla Nazionale quasi esclusivamente per questioni fisiche. Non siamo a un mondiale, quindi quello che ha fatto non ha né avrà la stessa risonanza di ciò che accadde nel 2006, ma potrà creare comunque un contraccolpo nella testa di questo ragazzo che, ultimamente, è sempre in guerra con se stesso e con chi lo considera in parabola discendente. Ci vuole un’altra ripartenza, l’ennesima. Almeno in azzurro, perché la Roma ultimamente gli ha restituito il sorriso e un nuovo ruolo. E forse una nuova vita. Che lo riporti al passato più bello. «Non lo doveva fare», è stato chiarissimo Antonio Conte che ha puntato di nuovo su di lui e ora dovrà rinunciarci ancora. Non per scelta sua.