Rosella Sensi: «Auguro alla Roma un futuro grandioso»

Rosella Sensi: «Auguro alla Roma un futuro grandioso»

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Il Corriere dello Sport – Unicredit a New York, la dottoressa Rosella Sensi alla radio. Da Max Giusti, per l’esattezza, ieri mattina, ospite, insieme a Massimo Ranieri, della novantesima puntata di «Radio2 SuperMax» . Parlando di calcio, Roma, dei tanti ricordi di pa­pà Franco e, pure, del prossimo futu­ro. Che prevede, questione di setti­mane o forse mesi, l’addio definitivo a quella Roma che per quasi diciotto anni è stata una costante imprescin­dibile per tutta la famiglia Sensi.

FUTURO – Nel corso del programma durante il quale il presidente della Roma ha simpa­ticamente partecipa­to pure a quiz dove bisognava indovinare canzoni anni Ottanta, il numero uno giallo­rosso ha fatto brevemente cenno an­che al prossimo futuro della Roma. Del resto con Unicredit in missione a New York, non si poteva non toccare l’argomento proprietà che è tornato prepotentemente a interessare la ti­foseria romanista. Più che dare una notizia, la dottoressa Sensi a questo proposito ha voluto fare un augurio alla sua società:«Per la Roma spero in un fu­turo roseo, grandioso. Mi auguro che possa essere proseguito il lavoro fatto in questi anni». Stop, come è giusto che sia. Anche perché gli imposti ordini di riserva­tezza di Unicredit, pare siano stati così rispettati che neppure il presi­dente della Roma e il suoentouragesarebbero a conoscenza di nomi e co­gnomi (o gruppo) dei potenziali ac­quirenti con cui ieri i vertici dell’Isti­tuto Bancario proprietario della Ro­ma si sono incontrati a New York.

PAPA’ – Nel corso della chiacchierata con Max Giusti, la dottoressa Rosel­la Sensi ha ricordato con la consuetadolcezza papà Franco e quello che ha voluto dire la Roma per tutta la fami­glia da quando ne è diventata pro­prietaria:«Quando papà prese la Ro­ma si presentò a casa e ci disse, “che ne dite?”. In realtà l’aveva già com­prata. Da quel momento è stata stra­volta la nostra vita. Papà la viveva come la sua passione, non solo come lavoro. Se la Roma perdeva, la do­menica sera tutti a casa, zitti, a tavo­la, nessuno usciva. Solo dal martedì si pensava alla partita successiva. E’ stata durissima… Se la Roma vince­va, invece, grande cena, festeggia­menti e il lunedì potevamo chiedere qualcosa a papà. Da ragazzina ho avuto un fidanzatino, una cosa mini­ma, della Lazio, a papà gliel’ho det­to solo dopo che era tutto finito. In curva non sono mai andata, ma per­ché papà non voleva, era una que­stione scaramantica, dovevamo sta­re vicino a lui. Avevamo la formazio­ne tipo: mamma, papà, zia e noi fi­glie in ordine di voto scolastico. Pa­pà era un grande comunicatore, era molto amato. Ho visto persone pian­gere come se avessero perso un pa­dre. Negli ultimi tempi quando non stava bene era sempre molto conten­toquandolosalutavano».

PRESIDENTE – Una parte della chiac­chierata è stata anche dedicata al ruolo del presidente della Roma, una donna in un mondo da sempre mono­polio degli uomini:«La prima volta che sono andata in Lega è stato con papà subito dopo aver vinto lo scu­detto. Poi sono tornata e mi guarda­vano un po’ così, ero la figlia di Fran­co per loro. Ora le cose sono cambia­te, si tratta di lavoro. Come tutte le mamme, riesco a conciliare il lavoro con il ruolo di madre. Nella Roma ci sono molte donne, i nostri calciatori devono rapportarsi con noi. Si sono abituati, comunque. Negli spogliatoi sono entrata più di una volta arrab­biata, ma l’ho fatto solo quando si erano tutti rivestiti… Nel calcio devo dire che c’è troppa serietà, il calcio non può essere toccato, siamo tutti allenatori». Questa l’avevamo già sentita.

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