La madre di tutte le partite

La madre di tutte le partite

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Totti_Derby_1998Non tutte le partite sono uguali. Non possono esserlo e onestamente non sarebbe neanche giusto che lo fossero. Lunedì sera andrà in scena allo stadio Olimpico quella che è, insieme a Roma – Juventus, la madre di tutte le partite: il Derby. Dall’insediamento della proprietà americana la stracittadina è stata solo fonte di lacrime, per la Roma, e di gioie, per i cugini. Si dirà: vero ma abbiamo sempre perso in inferiorità numerica. Certo ma nel Derby i numeri non contano così come non contano le tattiche, le sviste arbitrali, il clima. Conta solo una cosa, vincere. E più lo fai in maniera beffarda e più quella vittoria ti da gusto perchè puoi lasciar libero sfogo allo softtò nei confronti dell’amico, del collega, del barista, del benzinaio ed alle volte anche della persona amata.

Il Derby di Roma non sarà mai blasonato come quello di Manchester, o scicchettoso come quello di Milano o ancora spumeggiante come quello di Madrid o infuocato come quello di Buenos Aires. No il Derby di Roma non sarà mai così ma nessun’altra stracittadina al mondo potrà mai vivere il pathos, l’intensità, il totale coinvolgimento con la cittadinanza di quello della Capitale. Ognuno di noi ha ricordi belli e brutti delle partite con la Lazio e mai, anche quando si perdeva tre a zero o si dominava vincendo 5 a 1, il giorno dopo si poteva restare tranquilli perchè la polemica, la presa in giro, il dover trovare una scusa o un motivo per potersi “attaccare” con il dirimpettaio di turno è, di fatto, un must.

Potrei ricordare il già citato derby del poker di Montella e del cucchiaio del Capitano, quello dell’autogol di Paolo Negro o del pareggio di Cassano su cross di Cafù che mi costò una cuffia durante una telecronaca. Potrei ricordare il derby mazzoniano del tre a zero che, in quegli anni ed in via eccezionale, venne trasmesso in tv su Rai Tre. Quello di Julio Sergio e Mirko Vucinic che ci portò ad un passo da uno scudetto che sarebbe stato a dir poco storico. Quello di Marco Cassetti, il più improbabile dei protagonisti. O ancora quello che sancì la vittoria consecutiva numero 11 o quello in cui Batman Antonioli parò il rigore al 90′ a Sinisa Mihajlovic. Potrei elencarne tanti ma il mio Derby, quello con la D maiuscola, è e rimane il 3-3 con Zeman in panchina quando una Roma incerottata e in inferiorità numerica resuscitò dall’inferno, e dall’1 – 3 in cui si era andata a cacciare, per  agguantare un pareggio ormai insperato grazie ai gol di Di Francesco ed al primo di Francesco Totti nelle sfide con la Lazio. Da quel novembre del ’98, per il Capitano, sarebbero seguiti altri sette goal ai cugini. Gli ultimi due, neanche a farlo apposta, coincidono con l’ultima vittoria della Roma, oltre due anni fa. Gli manca una sola rete per arrivare a quota nove e raggiungere Da Costa e Delvecchio tra i re dei bomber del Derby. Uno dei pochi record che manca a questo ragazzo con la maglia numero 10: un record destinato anch’esso ad essere abbattuto.

Non è e non sarà mai una partita come tutte le altre. Non importa che tu giochi bene o giochi male. Non conta quante punte tu decida di schierare. Non conta l’arbitro. Non conta niente del contesto. Ciò che realmente importa è una cosa sola, la vittoria. Perchè il Derby è la madre di tutte le partite e non sarà mai una gara come tutte le altre…

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