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Basta così: De Rossi ha deciso di smettere con il calcio, ma la Roma è un capitolo chiuso

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IL TEMPO (A. AUSTINI) – Roma e basta. Daniele De Rossi come Totti non vestirà altre maglie e sta per annunciare una decisione sofferta che ormai sembra aver preso: il ritiro dal calcio giocato e l’inizio di una nuova carriera da allenatore. Complessità della scelta e precedenti lasciano un filo di suspense, ma dovremmo esserci per l’’ufficialità. L’ex capitano romanista ha riflettuto a lungo per oltre un mese sul da farsi, le vacanze appena concluse con la famiglia in giro per il mondo lo hanno aiutato a isolarsi e a schiarire le idee, così come i confronti con i tanti amici che ha nel mondo del calcio. E alla fine è orientato a seguire i suggerimenti di chi gli ha detto: «Smetti adesso, non ha senso continuare». In questo mese abbondante, seguito all’ultima partita giocata con il Parma, lo hanno cercato dall’estero il Boca Juniors e il Flamengo degli amici Burdisso e Juan, il Los Angeles Fc, che potrebbe però ingaggiarlo da gennaio in poi, mentre in Italia l’opzione più concreta è stata la Fiorentina (talmente vicina da arrivare a un passo dalla firma), con Milan, Bologna e Sampdoria sullo sfondo. Ma per motivi diversi De Rossi ha scartato – ameno di un nuovo ripensamento – tutte le opzioni: da una parte non se la sente di trasferire la famiglia in un altro continente, tantomeno di staccarsi, dall’altra, pur avendolo valutato seriamente, non riesce a immaginarsi con indosso un’altra maglietta di una squadra di Serie A. No, rivale della Roma proprio no. Tantomeno con un ginocchio da gestire con molta delicatezza a 36 anni quasi compiuti. Non avrebbe insomma molto senso forzare la propria natura rischiando di giocare solo una ventina di partite in tutto l’anno. Bandiera romanista a vita, tifosi felici e grati, ma adesso che farà? «Occhio alle sorprese» ha detto De Rossi l’altra sera durante una cena ad Anzio. Roberto Mancini lo aspetta come vice in Nazionale o comunque con un ruolo importante nello staff dell’Italia, il secondo grande amore del centrocampista. Un incarico del genere gli consentirebbe di frequentare nel frattempo il «supercorso» da allenatore a Coverciano, iniziare a studiare dal campo i futuri colleghi in Italia e all’estero e avviare la nuova traiettoria professionale. La prospettiva di lavorare in giacca e cravatta non lo ha mai allettato, l’esempio di Totti gli ha fatto capire quanto sia difficile passare dal campo alla scrivania. E gli ultimi anni da calciatore li ha vissuti ragionando già da allenatore. La Roma, per il momento, è un capitolo chiuso. Pur senza uno strappo incendiario co me quello di Totti, De Rossi non si è lasciato bene con la dirigenza, si aspettava una gestione diversa del finale di carriera, quantomeno di essere avvisato con anticipo della decisione presa dalla società. Questione di forma più che di sostanza, visto che alla fine, annunciando il ritiro, si allineerà alle valutazioni fatte da Pallotta & Co.. A Trigoria gli aveva offerto la prospettiva di restare come dirigente o allenatore ma da fine maggio non si segnalano nuovi contatti e per trasformare quell’«arrivederci» scritto nella lettera di saluti in un ritorno alla Roma servirà del tempo. Il prossimo anno ci sarà ancora il padre Alberto ad allenare la Primavera, poi scadrà anche il suo contratto e si arriverà a un altro bivio per la famiglia De Rossi. Quello di Totti è già realtà. «Con Daniele ci siamo sentiti, anche lui è a Sabaudia. Io sto valutando – ha detto ieri a margine del torneo di padel Gillette – ho tante cose che posso fare. In Italia? Sì, perché no, ma potrebbe anche essere una squadra europea. Estate strana? Per me lo è, non avrei mai pensato di prendere questa decisione, né che (Buffon) tornasse, è il bello del calcio».

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