Bertolacci: “Salvo il Lecce e sono pronto per la Roma”

Bertolacci: “Salvo il Lecce e sono pronto per la Roma”

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CORRIERE DELLO SPORT – Ha venti anni e ne dimostra trenta. Andrea Bertolacci è un ragazzo che è cresciuto in fretta, che ha scelto giovanissimo di diventare calciatore professionista. Ha fatto sacrifici, è andato via presto di casa, lasciando l’agiatezza di una famiglia benestante per tentare di sfondare in provincia. C’è riuscito a Lecce, il salotto del Sud, gente che gli vuole bene e il mare a pochi chilometri. Un grande privilegio. Con i suoi gol sta aiutando la sua squadra a salvarsi, ma si sta costruendo anche un grande futuro a Roma. Prepara il ritorno senza assilli, con la convinzione di poter recitare un ruolo da protagonista.

Andrea Bertolacci, ci racconti questa domenica speciale.
«E’ stato fantastico. Ho ancora be­ne in mente il mio primo gol in se­rie A, il 20 febbraio alla Juventus. E adesso anche il 3 aprile è una data che resterà scolpita nella mia men­te. La prima doppietta che ha deci­so un incontro difficile come quello contro l’Udinese».

Ha dimostrato di avere una certa confidenza con il gol.
«Anche negli Allievi e in Prima­vera segnavo parecchio. Giocavo mezz’ala sinistra e mi spingevo in avanti. Come faccio ora nel Lecce. Domenica nel primo tempo ho fatto il trequartista, poi il centrocampi­sta. Mi piace fare tutte e due le fasi e arrivare al tiro».

De Canio le sta dando fiducia, a venti anni è titolare.
«Sì, ho trovato spazio. Domenica l’ho abbracciato, è stata una gioia immensa. Avevo sbagliato la prima occasione, ero molto rammaricato».

Ci racconti i suoi gol.
«Il primo ho visto in contropiede Olivera, con un colpo di tacco ho aperto per Di Michele e poi sono an­dato al tiro. Ho costruito l’azione e l’ho conclusa. L’azione del secondo gol invece è cominciata con un fal­lo laterale, Jeda è andato sul fondo, ho visto il movimento di Di Miche­le a uscire e io mi sono inserito. Cre­do di avere un buon tiro, se ho l’op­portunità provo a calciare in porta».

Da due anni a Lecce, la sua cre­scita è stata sorprendente.
«Negli ultimi tempi ho trovato più spazio. So che la vita offre delle oc­casioni che bisogna cogliere al volo. Ora devo dimostrare di essere al­l’altezza, con umiltà, voglia, deter­minazione. So che devo migliorare molto. Nel colpo di testa e nella ra­pidità, per esempio».

A venti anni è arrivato il momen­to di decidere il suo futuro. Il con­tratto con la Roma scade tra due anni, si sente pronto per tornare?
«Ho compiuto venti anni a genna­io, mi affido ad Alessandro (Lucci, ndr), il mio procuratore, valutere­mo insieme quello che c’è da fare, senza fretta. Lui è come un padre, il rapporto va al di là dell’aspetto pro­fessionale. Da romano e romanista spero di tornare alla Roma, se potrò essere protagonista. Spero di torna­re per avere le mie chance».

Intanto ha conquistato Lecce.
«I tifosi mi vogliono bene, mi con­siderano uno di loro. Qui sono feli­ce, questa piazza mi sta regalando grandi emozioni. Spero di contribui­re con i miei gol alla salvezza, il no­stro grande obiettivo».

Domenica aveva fatto un favore alla Roma fermando l’Udinese, pe­rò la sera all’Olimpico…
«Sì, sembrava una giornata favo­revole alla mia Roma. Contro la Ju­ventus sono stati sfortunati, nel pri­mo tempo potevano andare in van­taggio, Storari ha fatto il fenomeno. La Roma non deve mollare perché può ancora centrare l’obiettivo del­la Champions League».

Ha qualche consiglio da dare per fermare l’Udinese?
«Se la Roma gioca da Roma è dif­ficile batterla. Lo ha dimostrato an­che a Lecce. Sabato può battere l’Udinese. Ma io non ho visto una squadra stanca, domenica siamo stati bravi noi. Abbiamo giocato con voglia, avevamo “fame”».

Sta seguendo le vicende societa­rie della Roma? E’ in arrivo un nuo­vo proprietario americano.
«Se questa è la soluzione migliore per il bene della Roma sono conten­to, soprattutto per i tifosi».

Ci racconti le sue origini romane.
«Sono di Spinaceto. Mio padre Fa­bio è pilota di off-shore, è campione del mondo e campione italiano nel­la classe 3 litri. Da tempo non è più solo un hobby. Lo vedo poco, fre­quenta le migliori località balneari. Si è laureato campione del mondo a settembre, in Corsica».

Condivide la passione di suo pa­dre?
«Non più. Ero molto appassionato anche io, da piccolo, fino a otto an­ni andavo sempre con lui. Poi una volta quando il motoscafo volava a centosessanta chilometri all’ora l’ho bloccato e da allora non l’ho più se­guito e non sono più salito su una barca. Si rischia la vita ed ero mol­to preoccupato. Quando ho comin­ciato a giocare, mia madre in tribu­na, prima che cominciasse la parti­ta, mi faceva segno che a mio padre era andato tutto bene».

Quando è entrato il calcio nella sua vita?
«A otto anni. Ho cominciato nel­l’Eurolimpia. Un anno al Divino Amore e poi mi ha preso la Roma sotto età. Mi allenavo con i più gran­di ».

Quali sono stati i suoi punti di ri­ferimento da calciatore?
«Sin da piccolo mi piacevano Ger­rard e Lampard, centrocampisti che fanno entrambe le fasi e fanno gol».

Con Spalletti ha sfiorato l’esordio a 17 anni.
«Sono andati diverse volte in pan­china e quando toccava a me mi so­no infortunato».

A Lecce è diventato calciatore di serie A
«C’è un gruppo molto unito, è la nostra forza. Siamo molti romani, Di Michele, Corvia, Coppola, Rosa­ti, Sini. Noi single stiamo sempre in­sieme. A Lecce si vive bene, abito in centro, a piazza Mazzini. Adoro il mare, ho trascorso il giorno di ripo­so a Porto Cesareo, è già estate».

Il suo felice momento sarà pre­miato con la convocazione nell’Un­der 21.
«Sono stato messo in preallarme, la prossima c’è un’amichevole. E’ un bel traguardo».

Francesco Totti è cresciuto nel settore giovanile come lei. Un esempio per i ragazzi che vengono dal vivaio.
«Ricordo che in allenamento resta­vo stupito da quello che riusciva a fare, giocate impossibili con la mas­sima semplicità. E’ di un altro pia­neta. Ha voglia, può ancora giocare a lungo ad alti livelli».

Si sente di assomigliare più a De Rossi o Aquilani, due cresciuti nel vivaio della Roma come lei?
« Più Aquilani. De Rossi gioca prevalentemente da vertice basso, Alberto è mezz’ala o trequartista come me. La mia caratteristica principale è quella di essere manci­no ».

Per finire: cosa si augura in que­sto finale di campionato?
«La salvezza del Lecce e la Cham­pions League per la Roma. E lo scu­detto al Milan. Da bambino ero tifo­so rossonero perchè ero pazzo di Baggio, mi ero fatto crescere il co­dino come lui. Poi mio padre mi convinse a diventare della Roma…».

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