Bomber Pruzzo compie 65 anni: la storia di ‘O Rey’ tra vittorie...

Bomber Pruzzo compie 65 anni: la storia di ‘O Rey’ tra vittorie e sogni spezzati

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AMARCORD – La Roma festeggia sui propri social il compleanno di Roberto Pruzzo. Il bomber compie oggi 65 anni. La società gli ha dedicato un video celebrativo. Di seguito la storia del centravanti

https://twitter.com/OfficialASRoma/status/1245270041660207105?s=20

LA PARABOLA DI ‘O REY’ – Nato a Crocefieschi, piccola cittadina in provincia di Genova, Roberto Pruzzo rappresenta il ‘bomber’ per antonomasia: potenza, colpo di testa, predatore dell’area di rigore. La rappresentazione calcistica del tipico numero 9, abile in acrobazia, spietato a due passi dalla porta avversaria. La carriera di Pruzzo parte dal Genoa, con cui fa il suo esordio in Serie A il 2 dicembre del 1973 contro il Cesena. Carattere schivo e burbero, si racconta che Fossati, presidente del club rossoblu, abbia dovuto sudare le fantomatiche sette camicie per convincerlo a firmare il contratto da professionista, perchè Pruzzo non era così convinto, in origine, di proseguire la sua carriera da calciatore. Il colpo di fulmine con la Roma avvenne da avversario: la prima rete in Serie A Pruzzo la realizza proprio contro i giallorossi il 3 ottobre 1976 (2-2). In quella stagione il bomber si tolse la soddisfazione di segnare un gol-vittoria anche nel derby contro la Samp.  Tre annate importanti in Liguria, 143 presenze e 57 gol (media 0.40 gol/partita), numeri che gli valsero la chiamata nella capitale.

L’ULTIMO REGALO DI ANZALONE E LA SALVEZZA- Nell’estate del 1978 l’allora presidente Anzalone lo strappò ad un’agguerrita concorrenza: 3 miliardi di lire e il nuovo prestito del giovanissimo Bruno Conti, che poi diventerà eroe romanista negli successivi. Con Giagnoni in panchina, disputa 29 gare realizzando solo 9 reti, in una Roma che si salva a stento. La sua esperienza in giallorosso fatica a carburare, gli scarsi rifornimenti in area sono inversamente proporzionali ai tanti brontolii del centravanti, ma alla penultima giornata Pruzzo si prende un pezzo di cuore dei tifosi. Nel match casalingo contro l’Atalanta, in un Olimpico gremito all’inverosimile, il bomber realizza la rete del 2-2 finale scacciando l’incubo della Serie B.

L’ESPLOSIONE CON NILS E IL RIFIUTO AZZURRO – Il calcio è uno sport unico nel suo genere, perchè concede rivincite e regala storie di rinascita o di clamorose esplosioni. Pruzzo lo sa e attende il suo momento, al pari della Roma che passando nelle mani di Viola comincia a costruire le basi delle future vittorie. Oltre all’arrivo di Nils Liedholm, alla base rientra anche Bruno Conti. Il legame calcistico tra Conti e Pruzzo è fondamentale per costruire l’architrave vincente della Roma. I due avevano già giocato insieme al Genoa e lo schema ricorrente, da riproporre anche nella capitale, era chiaro a tutti: “cross di Bruno e colpo di testa di O Rey.” Ad impreziosire l’asse offensivo, c’è il modulo del Barone, messo a punto per rendere Pruzzo il terminale offensivo unico e micidiale della Roma: “Mi adatto a tutto – disse in un’intervista di tanti anni fa – ma per me l’ideale è fare l’attaccante unico in area, con due ali a crossare”. Numero 9 classico insomma e il rendimento in crescita delle stagioni successive lo confermarono. Pruzzo realizza 33 gol in due stagioni (80-81′ e 81-82′), vincendo per due anni la classifica cannonieri, ma Enzo Bearzot – CT della Nazionale – gli preferisce il duo Graziani-Rossi e il ‘bomber’ perde l’occasione di vincere il Mondiale di Spagna 82′. Per la verità, alla vigilia del campionato del Mondo, l’infortunio di Bettega gli apre la possibilità della convocazione in azzurro, ma lui si oppone con (eccessivo) orgoglio, non volendo presenziare da semplice ‘tappabuchi’. Al suo posto sarà chiamato Selvaggi. La delusione mondiale si attenua con la vittoria del tricolore in giallorosso. Nella stagione 82-83′, Pruzzo realizza solo 12 reti, ma la motivazione risiede nella richiesta di Liedholm di renderlo più partecipe della manovra, meno attaccante puro. Il sacrificio tattico è ben accetto, la Roma è Campione d’Italia per la seconda volta nella sua storia e la rete di testa a Marassi, contro il suo Genoa (1-1), certifica a due turni dal termine il tricolore, quasi a chiusura di un magico cerchio professionale, che solo il calcio sa regalare. L’anno dopo la cavalcata in Coppa dei Campioni, con la fatidica doppietta contro il Dundee in semifinale, che insieme al rigore di Di Bartolomei, regala la finale (poi persa) contro il Liverpool. La rete del momentaneo 1-1 contro i Reds e un problema fisico con l’inevitabile esclusione nella ripresa del match più importante della storia europea giallorossa sono, forse, le immagini iconiche della carriera romana del bomber.

ERIKSSON, L’ILLUSIONE E POI IL DISTACCO – Viola ingaggia Sven Goran Eriksson per sostituire il partente Nils Liedholm. Il calcio veloce e atletico del (secondo) svedese, condiziona il rendimento del centravanti che per una stagione e mezza sembra smarrirsi. All’inizio del girone di ritorno della stagione 85-86, l’orgoglio del genoano riemerge e con 17 reti, Pruzzo trascina la Roma verso l’illusione del terzo scudetto. Una cavalcata interrotta traumaticamente in casa contro il Lecce già retrocesso. Dopo quell’exploit il declino arriva veramente: nel 1987 Rudi Voeller gli strappa la maglia da titolare, Pruzzo fa un anno di panchina poi va a concludere la carriera a Firenze, lasciando la Roma dopo uno Scudetto e 4 Coppe Italia. Il 15 maggio del 1988 gioca la sua ultima gara all’Olimpico. La Sud lo accoglie con una coreografia storica, tanti stendardi con il nome Pruzzo e uno striscione con su scritto ‘106 volte grazie’. In viola segnerà un solo gol, importantissimo e beffardo, nello spareggio di Perugia per un posto in Uefa, contro la Roma. Corsi e ricorsi storici, come la romantica carriera del bomber di Crocefieschi.

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