Chi ama davvero Totti

Chi ama davvero Totti

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IL ROMANISTA (M. STADERINI) – La Roma, si sa, è una cosa grande. Proprio per questo sbaglierebbe chi volesse ridurre il turbamento che sta vivendo il popolo giallorosso come una mera guerra tra fazioni buona solo per far discutere al bar. Ad essere in gioco è la forma che prenderà quella impareggiabile idea che si chiama Roma. Un problema di identità, di visione, che non c’entra nulla con le questioni tecniche. Lo ha capito persino il più autorevole quotidiano italiano, il Corriere della sera, che nonostante venda nella Capitale meno del 10% delle sue copie, domenica ha dedicato un editoriale in prima pagina di Giovanni Bianconi dal titolo “Perché Totti non è solo calcio”. La As Roma è qualcosa di più di una squadra di calcio: è l’immagine di un popolo, di una città che non è mai stata amata dalle classi dirigenti che hanno preso il posto dei Savoia.
Francesco Totti, con il suo talento, la fierezza, l’umanità, l’onestà intellettuale, persino con i suoi limiti, da vent’anni dà corpo a quella immagine e difende l’idea che c’è dietro. Inutile nasconderci dietro un dito: è questo che si percepisce essere stato messo in discussione prima ancora che il valore del calciatore. I fatti parlano da soli: sono le parole di Baldini questa estate, l’atteggiamento di Luis Enrique, le stesse frasi recenti di Sabatini ad aver creato un caso, quello che starebbe “uccidendo la Roma”. A parte il giovane allenatore spagnolo, sono persone troppo esperte per non sapere che nella comunicazione non conta tanto quello che si dice ma quello di cui si decide di parlare. Parlare di Totti quando non ce n’è motivo, equivale ad indicare un target, un obiettivo. Che non è il calciatore ma ciò che rappresenta.
È un già vissuto, come quando si diceva che la piazza romana non avrebbe vinto mai niente senza capire che proprio quella è stata la forza che ci ha permesso di vincere pur andando controcorrente e nonostante il potere stesse in altri palazzi. Eppure la nuova proprietà, da Di Benedetto a Baldini, da Sabatini a Luis Enrique, è stata accolta positivamente dai tifosi nonostante le vicissitudini di questi mesi e mi sembra che godano dei favori della stampa romana. Il progetto di puntare sui giovani e su una specifica filosofia di gioco sono stati subito metabolizzati anche quando il mercato stentava. Alla fine sono arrivati molti giocatori ed alcune promesse che fanno ben sperare. Certo, anche a noi romanisti piace vincere, ma non a tutti i costi: il prezzo che non siamo disposti a pagare è quello di cambiare pelle. Se la nuova Roma si deve costruire in questo modo, non mi convince.
Il calcio come lo conoscevamo è finito con quel Roma-Juve 4 a 0. Dopo di allora ricordo solo un’altra partita dal sapore antico, l’ultimo derby vinto lo scorso anno. Francesco non ha nulla da dimostrarci e certo non passerà alla storia per la pigrizia o per aver mangiato allenatori (e chi poi, Capello? Del Neri?). Di norma sono i nuovi arrivati che devono dare prove, sono loro a dover fare un passo in avanti, non verso di lui ma verso noi tutti.
Se abbiamo capito male, spiegatecelo. Lo chiedo a Franco Baldini: anche a Londra esistono i telefoni, persino Skype. Se poi il problema è che Totti non debba fare in futuro il dirigente della Roma, ce lo si dica subito.

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