De Rossi, 30 anni e troppi tormenti

De Rossi, 30 anni e troppi tormenti

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rassegnastampaGAZZETTA DELLO SPORT – M. CECCHINI – Domani trent’anni fa nasceva un ragazzo destinato a respirare aria di mare, di calcio e di polemiche. Daniele De Rossi, in fondo, probabilmente ha sorpreso tutti, cominciando da se stesso. Non aveva fatto delle giovanili da predestinato assoluto, ma è bastato affacciarsi nel giro della prima squadra che per scoprirsi unico. Non a caso un generale bravo, ma ruvido come Fabio Capello lo fece esordire nella Roma addirittura in Champions a 18 anni appena compiuti. Era l’ottobre del 2001 e la squadra giallorossa aveva sul petto un tricolore da quel momento perso di vista, nonostante il rapporto con quel ragazzo diventato uomo e poi campione del mondo si sia consolidato così tanto da farlo diventare una bandiera.

Ritorno al lavoro Ma la vita è strana e a Roma le bandiere stingono in fretta, così domani De Rossi tornerà al lavoro a Trigoria per la prima volta nella sua vita senza la certezza di essere importante per la società e, soprattutto, senza essere circondato dall’amore incondizionato da parte dei tifosi. Sul primo fronte, «colpa» di un contratto da 6,5 milioni che pesano troppo sulle finanze del club, e sul secondo da un rendimento giudicato (alla luce dell’ingaggio) insoddisfacente per sogni e bisogni, tanto più che invece in Nazionale il centrocampista macinava gol e prestazioni eccellenti. Cosa che, se possibile, aumentava la rabbia di chi vede il calcio solo con lenti giallorosse. Troppo facile pensare che l’Italia abbia un gioco chiaro? Che forse le prove del centrocampista nella Roma non erano state poi così malvagie? Che giocare in condizioni fisiche troppo a lungo precarie lo limitava? Sì, troppo facile, ma tutto questo è bastato perché la Roma abbia pronto per lui un biglietto di sola andata.

Scudo Garcia Il problema, secondo la dirigenza, è che richieste effettive complice lo stipendio non sono ancora arrivate, perché a 1012 milioni adesso l’azzurro può partire. Ad opporsi, però, c’è un signore chiamato Rudi Garcia, che su De Rossi in ritiro ha detto: «Daniele è un grande giocatore, ed è meglio averlo con noi. Ha giocato una grande Confederations Cup. Sa aiutare la difesa, ma anche a impostare. Se giocheremo con il 433, sarebbe perfetto per fare il mediano centrale, visto che è un giocatore senza problemi ad essere polivalente ». Quasi una investitura, se non ci fossero quelle esigenze di bilancio a tenerlo in bilico, in attesa di una chiamata (soprattutto) del Chelsea o del Real Madrid.

Baldissoni d.g. Intendiamoci, la maggior parte dei tifosi ama ancora quel ragazzo che credeva di poter giocare a calcio solo nella Roma, ma la dirigenza sa andare dritta per la sua strada. Lo dimostra la nomina ieri di Mauro Baldissoni a direttore generale (contratto triennale), a dispetto delle polemiche che lo avevano coinvolto insieme al d.s. Sabatini dopo il fallimento della scorsa stagione. Come dire, chi comanda adesso segue la propria strada e non ha più paura di niente. Per questo domani De Rossi andrà a colloquio dai nuovi potenti per conoscere il suo destino. Avendo imparato un concetto semplice eppure misconosciuto: non sempre i soldi regalano la (piena) felicità.

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