De Rossi, gioia e inquietudine: “Sento più affetto fuori Roma”

De Rossi, gioia e inquietudine: “Sento più affetto fuori Roma”

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CORRIERE DELLO SPORT – E adesso, tra orgoglio e superbia, tra i romanisti scatta la caccia allo slogan. C’è chi ri­corda la manita, la cinquina degli spagnoli con tanto di saluto a mano aperta, chi cita una prei­storica canzone di Jovanotti in inglese, Gimme Five, dammi il cinque. Invece Daniele De Ros­si, alla fine di una settimana difficile (e vissuta male), si sfoga. Ma la sua, come vedremo, non è soltanto gioia appassionata. Si percepiscono molti dubbi e molta amarezza nei suoi discorsi.

LO SFOTTO’ – Comunque i romanisti in cerca di frasi da ricordare apprezzeranno la sua provo­cazione: « Sta diventando una consuetudine vin­cere contro la Lazio. Credo che festeggiare cinque derby conse­cutivi sia un risultato storico. Forse nemmeno il Real Madrid con il Rayo Vallecano ha mai vinto cinque volte di fila…» . In realtà la Roma aveva già battuto la Lazio cinque volte di fila in campionato, a fine Anni Cin­quanta, però il riferimento ironi­co rimane: il Rayo Vallecano, storicamente, è la terza squadra di Madrid e oggi gioca nella Se­gunda Division, la nostra serie B. In pratica De Rossi paragona la Lazio all’Atletico Roma. E non è finita. Ai microfoni di Mediaset Premium escono altre rivelazio­ni: «Nei giorni scorsi tra i miei amici laziali qualcuno ironizzava: “Stavolta vin­ciamo noi, visto che gioca Totti”» . Paolo Di Ca­nio, ex simbolo laziale, dallo studio conferma: «Io ero tra questi» . De Rossi ride, in un’atmosfe­ra di sano scarcasmo: «Avete fatto una brutta fi­ne… In altri derby avevamo giocato male e rac­colto più di quanto meritassimo. Stavolta inve­ce la Roma ha meritato di vincere. Del resto non credo di offendere nessuno se dico che la Roma è più forte della Lazio» .

AMAREZZA – Ride, sì. Ma gli occhi, quelli che non mentono mai, ridono meno. Perché il momento personale è davvero brutto, dopo la gomitata di Donetsk. De Rossi spiega con sincerità il suo malessere:«Quando faccio una cavolata me ne rendo conto. E quindi è colpa mia se si parla di me, devo essere onesto e prendermi le mie re­sponsabilità. Però ho sentito tanti benpensanti inorridire, come se la Roma fosse stata elimina­ta dalla Champions League per causa mia. Que­sto non è vero, perché l’arbitro non ha visto quel­lo che è successo e non mi ha espulso…». Lo scontro violento contro Srna diventa così il pre­testo per un’analisi più ampia:«Io so benissimo quando gioco bene, quando gioco male. Stavol­ta, ad esempio, contro Hernanes ho fatto la mia parte e mi do 10 perché abbiamo vinto. Ho pas­sato delle fasi di “bassa marea”, come le chia­mo io, cioè di scarsa forma. Ma da un anno e mezzo sento molto più affetto nei miei confron­ti fuori Roma che nella mia città. A Roma il ven­to sta cambiando. Prima ero ovattato, coccola­to. Se davo una gomitata mi dicevano che ave­vo fatto bene, che dovevo darne un’altra. Adesso invece tutti mi criticano. E quando succede a casa tua, fa male». Anche Pran­delli è pronto a non convocarlo in Nazionale per punizione: «Con lui il rapporto è schietto. Se decide di non chiamarmi, pa­zienza: mi riposerò. Gioco ogni tre giorni, mi farà anche bene». E l’Uefa colpirà duro:«Non lo so, non mi aspetto niente. Ed è me­glio che non parli della squalifi­ca, non mi conviene».

INQUIETUDINE – De Rossi non sve­la i destinatari del suo attacco ­ sembra sia deluso soprattutto dai tifosi, dalla gente comune – ma precisa che i compagni, l’allenatore e i dirigen­ti non c’entrano:«In questi giorni mi hanno ma­nifestato grande affetto. E’ stato bello. Lo spo­gliatoio è la cosa migliore che c’è nella mia vita professionale, è come una famiglia». Eppure non basta a renderlo felice. Il suo sguardo è gri­gio come il cielo romano che ha accarezzato il derby:«Certe cose mi hanno ferito. Ma le ferite si rimarginano. E si va avanti, facendo delle va­lutazioni ». De Rossi pensa a tutto, anche all’ad­dio: sa che se apre la porta, trova il Real Madrid ad aspettarlo. A oggi certezze non ce ne sono: il contratto che scade tra un anno non è stato rin­novato. E il direttore sportivo Pradè di fronte alla domanda più cruda allarga le braccia: «Non posso dire nulla, aspettando la nuova proprietà, perché non so cosa accadrà». Ma non era una domenica di festa per la Roma?

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