De Rossi, guarda Totti

De Rossi, guarda Totti

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CORRIERE DELLO SPORT – Stavolta non dovrebbero esserci sorprese: dentro De Rossi. Dal punto di vista del giocatore non dev’essere il massimo rientrare nella prima partita di Coppa Italia, tradizionalmente riservata alle seconde linee, ma il periodo grigio non consente preferenze. E allora anche il test contro l’Atalanta può assumere un significato importante per le sue relazioni con Zeman e (soprattutto) con la Roma.

AFFETTO – La curva Sud sabato sera ha scelto di sostenerlo a priori, invocando il suo nome all’annuncio delle formazioni e festeggiando il suo ingresso nel secondo tempo come se fosse stato un nuovo acquisto. E lo stesso dovrebbe fare stasera, in un Olimpico freddo e semideserto. Naturalmente è stata una manifestazione di affetto gradita, che però non scaccia il malumore per una situazione che De Rossi non avrebbe mai pensato di poter vivere: a febbraio firmava un contratto da 6 milioni netti a stagione che dava la misura della sua centralità all’interno della squadra; dieci mesi dopo è diventato un’alternativa a Tachtsidis e/o Bradley.

 IMPEGNO – Adesso sta a lui rispondere, sia in allenamento che in partita, alle critiche aspre di Zeman. In questa situazione i colpevoli sono tutti o forse nessuno. Ma per eliminare ogni sospetto, gli conviene adattarsi. Magari seguendo i consigli di Totti, che già conosceva e stimava il nuovo capo, e si è messo a disposizione sin dall’inizio allineando gli interessi della squadra ai propri: ha seguito una dieta rigida, ha accettato di non giocare centravanti, ha sposato un durissimo piano di preparazione atletica sapendo che avrebbe avuto in cambio un livello di prestazioni brillante. E’ stato un esempio per i compagni, che adesso lo elogiano in coro. De Rossi non ha potuto esserlo perché veniva dagli Europei e, oltre a pagare il ritardo nella preparazione, è stato frenato dagli infortuni. Ma è sul piano dello spirito che non ha convinto Zeman. A torto o a ragione. Rimpiangendo Luis Enrique, inconsciamente ha trasmesso un atteggiamento di sfiducia (almeno quando è stato impiegato) che ha deluso l’allenatore. Le dichiarazioni successive a Juventus-Roma, che Zeman ha ammesso di aver mal digerito, sono state il punto più basso di un rapporto di lavoro molto complicato. Da lì in poi è stata guerra fredda: dall’esclusione disciplinare, proprio nel Roma-Atalanta di campionato, al derby giocato da centrale chiuso con il pugno a Mauri, fino alla panchina nella partita con la Fiorentina. (…)

LO STIMOLO – Sull’esempio del suo capitano, se vuole riconquistare un posto in squadra (quattro vittorie su quattro senza di lui dopo il derby) ed essere immunizzato dalle critiche popolari, deve continuare a lavorare duro evitando confronti e scontri. Sabato, quando è entrato, si è calato nella parte: ha offerto un ottimo assist a Bradley e, anche se ha perso un pallone in mezzo al campo che stava per costare la vittoria, non ha mai fatto mancare il suo apporto alla squadra. Servono conferme, a questo punto. Aspettando di discutere il futuro, che un vecchio corteggiatore come Roberto Mancini assicura essere molto romanista ( «Non andrà via» ), De Rossi non può permettersi di snobbare il presente.

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