CORRIERE DELLO SPORT – Stavolta non dovrebbero esserci sorprese: dentro De Rossi. Dal punto di vista del giocatore non dev’essere il massimo rientrare nella prima partita di Coppa Italia, tradizionalmente riservata alle seconde linee, ma il periodo grigio non consente preferenze. E allora anche il test contro l’Atalanta può assumere un significato importante per le sue relazioni con Zeman e (soprattutto) con la Roma.
AFFETTO – La curva Sud sabato sera ha scelto di sostenerlo a priori, invocando il suo nome all’annuncio delle formazioni e festeggiando il suo ingresso nel secondo tempo come se fosse stato un nuovo acquisto. E lo stesso dovrebbe fare stasera, in un Olimpico freddo e semideserto. Naturalmente è stata una manifestazione di affetto gradita, che però non scaccia il malumore per una situazione che De Rossi non avrebbe mai pensato di poter vivere: a febbraio firmava un contratto da 6 milioni netti a stagione che dava la misura della sua centralità all’interno della squadra; dieci mesi dopo è diventato un’alternativa a Tachtsidis e/o Bradley.
LO STIMOLO – Sull’esempio del suo capitano, se vuole riconquistare un posto in squadra (quattro vittorie su quattro senza di lui dopo il derby) ed essere immunizzato dalle critiche popolari, deve continuare a lavorare duro evitando confronti e scontri. Sabato, quando è entrato, si è calato nella parte: ha offerto un ottimo assist a Bradley e, anche se ha perso un pallone in mezzo al campo che stava per costare la vittoria, non ha mai fatto mancare il suo apporto alla squadra. Servono conferme, a questo punto. Aspettando di discutere il futuro, che un vecchio corteggiatore come Roberto Mancini assicura essere molto romanista ( «Non andrà via» ), De Rossi non può permettersi di snobbare il presente.