De Rossi: “La Roma è la mia vita. Vorrei concludere la carriera...

De Rossi: “La Roma è la mia vita. Vorrei concludere la carriera negli USA”

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ROMA  MILANIl centrocampista della Roma Daniele De Rossi è stato ospite della trasmissione ‘Slideshow’, in onda sull’emittente ufficiale della società Roma Tv.  Il programma consiste nel mostrare all’ospite una serie di foto, alle quali può rispondere liberamente. Ecco la sua fotointervista al canale tematico di Trigoria:

De Rossi nelle giovanili

“Io lo vedevo come un gioco e non ho mai pensato di andare in posti più blasonati. Ho fatto una scelta ben precisa anche allora, quando si trattava di interessi più grandi l’ho confermata, non cambiando mai casacca”.

Maglia della Roma Barilla

“La Roma è stata sempre parte integrante della mia vita anche quando non ero parte integrante della Roma. Non riconosco la casa ma riconosco questo completino che è stato il mio unico abbigliamento, tipo Homer Simpson che è sempre vestito uguale. Era l’epoca di Bruno, di Voeller e rimangono sempre dei miti. Per me andare in giro con la loro maglia era qualcosa di unico, non potevo preferire nulla a quella maglia. Ero un piccolo Homer o Bart Simpson”.

Gol di Voeller contro il Torino

“Ero totalmente innamorato di lui da piccolo. Ho avuto il privilegio di conoscerlo ed essere allenato da lui. E’ una persona incredibile, da giocatore è stato un grande. Possiamo dirlo anche di Giannini: grandi in una roma che non era così grande. Peccato, sarebbero stati esaltati ancora di più,, anche per il loro attaccamento alla maglia. Mi sento un po’ come lui per quanto è stato attaccato alla maglia, ha lottato anche per non retrocedere, il gol contro il Foggia se lo ricordano tutti. La Roma deve ricordarsi di chi gli ha fatto vincere gli scudetti ma non deve dimenticare nemmeno chi ha vissuto questi momenti”.

Foto di De Rossi vestito da raccattapalle

“Mi sentivo un po’ come i calciatori. Da che li vedevi in televisione li vedevi dal vivo. Un continuo spettacolo, scoprivi il calcio vero. Quando facevo il raccattapalle ero molto affascinato dagli avversari, non che non fossi tifoso, però ogni tanto ti trovavi a fare il raccattapalle a Baggio o a Ronaldo. Rischiavi anche un po’: una volta rischiai di ricevere una cinquina da Sebastiano Rossi perché tardavo a dargli la palla. Da allora ho detto ‘vabè, cerchiamo di essere un po’ più veloci”.

Foto con Pepe, Bencivegna, Aquilani e altri compagni di squadra alle giovanili

“Ci sono molti miei amici in questa foto. C’è anche Bencivegna che è stato il primo a mettermi davanti la difesa. Gli dissi: ‘sei matto’? Si vede che qualcuno ha delle capacità in più degli altri perché mi ha cambiato la vita. Lele è uno dei miei migliori amici in assoluto, l’ho citato pure dopo le 100 presenze in nazionale. Anche Simone è uno dei miei migliori amici in assoluto, li metto al pari della mia famiglia”.

Foto al torneo di viareggio con le parrucche
“Il torneo di viareggio era qualcosa di incredibile. Non siamo mai andati benissimo, l’ho fatto tre volte. Quello che mi piaceva alla fine era questo, le parate e l’incontrarsi con le altre squadre sul lungomare. Vivere la vita dei calciatori”

Daniele e Vincenzo Montella

“Indimenticabile, è la mia prima panchina e qui ci sta questo ragazzo che ora fa l’allenatore. Ci sono certe tappe che non scorderò mai, ora mi ricordo tutto quello che ho fatto, le tappe importanti. Quella partita dovevo andare in tribuna e un mio collega giovane in panchina. Prima della partita il dottore ci chiede che medicinali avevamo preso e questo ragazzo aveva detto, poverino, che aveva preso un medicinale per il raffreddore. Il medico lo ha detto a Capello, che era più interessato ai suoi giocatori che ai giovani, dice: ‘Va bene, manda De Rossi’. Perdemmo e girava voce che Capello fosse molto scaramantico. Temevo che mi avrebbe rimandato in Primavera e invece mi ha lasciato in prima squadra nonostante la scaramanzia

Capello e Sensi

“Inizio con Capello perché ne parlavo poco fa. Burbero, questo lo sanno tutti quanti, ma poi quando lo conoscevi scoprivi essere molto meno burbero. Sicuramente un uomo rigido ma che mi ha dato molto dal livello dell’educazione. Ogni calciatore dovrebbe crescere con Capello, perché non ti permette atteggiamenti come la fenomenite. Lui e il suo staff te la stroncano sul nascere. Sono uomini di un’altra epoca e continuano a fare gli allenatori in maniera esemplare. Ti mettono un chip per cui non molli, ti concentri e porti rispetto ai più grandi. Qui stringe la mano a una persona grande, la prima che mi ha fatto firmare un contratto e che mi ha fatto diventare ricco. Una persona simpatica, divertente e umano. Ce l’aveva con i procuratori, mi ricordo che mi aveva ‘imbruttito’. Mi disse che i procuratori servivano alle pippe, un giocatore forte non ne ha bisogno. Se la prendeva ma mai con fare aggressivo, sempre da nonno o da papà”.

Primo gol in Serie A contro il Torino

“Era una partita che non contava nulla ma io mi giocavo tantissimo. Ho giocato questa partita da titolare con la stessa intensità di una partita di Champions League o con cui gioco il Derby. Volevo lasciare il segno, mi sentivo ambizioso, ero stato messo in prima squadra ma giocavo pochissimo. Sapevo che l’anno dopo sarei dovuto andare in prestito, era un modo per dire ai tifosi e al presidente che io c’ero. L’esultanza di Sensi, che disse ‘il ragazzino’, fu emblematica. Si accorsero che potevo starci nella Roma e infatti non sono più andato via”.

Supercoppa italiana a San Siro

“Uno stadio maestoso dove ho giocato, segnato e vinto tante volte. Qui avevo segnato un rigore a 25-26 anni dopo che se lo era procurato Francesco: tiro-parata-gol. Questo è l’urlo che mandai ai miei 15mila tifosi che erano lì. Questo spiega la mia faccia deformata e si vedono le mie vene di cui si parla parecchio. I tifosi si divertono a giocarci, ma è una mia conformazione del mio collo che quando urlo si gonfiano parecchio. E’ un tratto distintivo che sta ad indicare quanto sono contento quando segno io o la mia squadra. Il perché possiamo ricordarlo con le foto di prima: è quello che ho sempre amato da quando ero piccolo”.

Spalletti

“Un allenatore incredibile. Abbiamo iniziato la nostra conoscenza il giorno stesso che era nata Gaia, gli avevo chiesto se potevo rimanere con lei chiedendogli un paio di giorni liberi. Convinto che mi dicesse di sì mi disse: “Dai un bacio alla bambina ma ora vieni a Trigoria che c’è da lavorare”. L’ho odiato (ride, ndc) ma è stata una persona meravigliosa, uno dei tanti geni che ho incontrato nella mia carriera. Ha preso una squadra in netta difficoltà e l’ha mandata tra le prime otto di europa per due anni”.

Madrid

“Quanto era importante quanto fosse importante per la gente di Roma vincere in Champions contro il Real lo dimostrano i miei occhi. Non fu l’unica cosa in cui questa squadra ha fatto qualcosa di grande”.

Roma-Sampdoria

“E’ uno dei ricordi più brutti della mia carriera calcistica, anche giocando male non ho accettato di non vincere quello scudetto. Eravamo tutti molto nervosi, lo stadio era elettrico e un paio di noi litigammo. Quel nervosismo ci costò caro e prendemmo due gol quasi in contropiede da pazzini. E’ una di quelle serate che non dimenticherò mai”.

Football americano

“Lo sport americano è qualcosa da cui noi dovremmo attingere e imparare. Le tournée sono dure ma è un mondo a parte il loro, anche per il rapporto con i tifosi. Mi piacerebbe farne parte e concludere la mia carriera oltreoceano. Ho delle piccole fisse da quando sono giovane, una di quelle è vivere in america e provare a fare il mio lavoro là e spero di poterci riuscire. Ho sempre avuto un desiderio di giocare nel Boca, ho sempre pensato un Boca-River me lo devo fare anche se credo sia difficile”.

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