De Rossi merita rispetto. Comunque

De Rossi merita rispetto. Comunque

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CORRIERE DELLO SPORT (G. Dotto) – Firmerà o non firmerà? Invece del lirico teschio, il dilemma stavolta palleggia un arido contratto pieno di zeri e di clausole.

E, sebbene in molti a Roma non vogliano rassegnarsi, il contratto non è una lettera amorosa tutta sospiri, languori e giuramenti, sotto al balcone di Daniele alias Rossana o Giulietta dalla lunga treccia, non ci sono Cyrano o Romeo, ma i flautati accenti di Franco Baldini e le selvatiche sporgenze di un Walter Sabatini, innamorati quanto vuoi, gli uni e gli altri, sopra e sotto il balcone, ma questa volta l’amore non basta e comunque non è tutto. Come si fa del resto, da romanisti e non solo, a non amare Daniele De Rossi? Un ragazzo verticale che ha dimostrato più volte cosa vuol dire stare dentro una maglia. Non c’è bisogno di fare ogni volta l’ecografia delle sue vene che scoppiano e delle sue piume che esultano. Tutte le volte che ha festeggiato i compagni, li ha rincuorati e spronati, tutte le volte che ha cercato la Sud, lanciato maglie e ricevuto pezzi di cuore e magari anche fischi, ma non importa, perché tutto quello che arriva dalla Sud è sacro e lui, De Rossi, è ubiquo per definizione, in campo e lassù. Giocatore e tifoso.

 

E allora? Lo sento. Sale il brusio volgare dei moralisti usa e getta, quelli, non tutti e nemmeno la maggioranza, delle lavanderie con microfono incorporato. “Allora, cosa sono tutte queste manfrine, la facesse finita, perché non firma se dice di amare così tanto la maglia?”. L’insinuazione striscia, s’allarga, si fa opinione: ecco qua, pure lui, il decantato Capitan Futuro biecamente concentrato sul conto in banca. A insinuare sono per lo più soggetti che per una manciata di euro cambierebbero testata o bandiera nel giro di due secondi netti.

In ballo sarebbe, è, la “scelta di vita”. Un’odiosa fregnaccia. Scelta di vita sarebbe dunque, secondo i campioni della rettitudine morale altrui, solo quella sentimentale, la maglia come seconda pelle. Uno come De Rossi, mille miglia lontano dal prototipo del calciatore di oggi che cambia maglie come fazzoletti da naso, rischia di passare per uno di loro. Come se, “scelta di vita”, non fosse anche quella di fare dell’ultimo, grande contratto della propria vita un’avventura eccitante nel mondo che c’è, esiste, ammettiamolo, anche fuori Roma, perché no confortata da cifre che non saprai nemmeno come spendere ma ti fanno star bene perché qualcuno, non importa quanto sceicco, le ha spese per te e quello sei tu.

Scelta di vita è, comunque rispettabilissima, se ancorarsi a vita alle proprie radici, al proprio humus che è poi l’anima o separarsi da quelle radici per misurarsi con altre sfide, meno protette, immaginare di crescere come calciatore ma anche persona. Lontano da un ambiente che è amore, ma anche truce pettegolezzo, chiacchiere da bar e qualche volta da osteria. Di bandiere dimenticate come Agostino Di Bartolomei, che una mattina si sparano in petto per quanto dimenticate.
Non è una guerra di soldi. Questo è chiaro. Sarebbe una guerra persa in partenza. La Roma non potrebbe mai competere con un club che gli offre 8 milioni di euro netti e ne riconosce quasi 11 a uno come Yaya Touré. Il grande tentativo in atto a Trigoria da parte di Baldini e soci è quello che nel calcio di oggi è impensabile: trasformare davvero un contratto d’affari in un atto d’amore, un giuramento di fedeltà. Che leghi De Rossi a vita alla Roma, prima da calciatore con il suo enciclopedico calcio, poi da dirigente con la sua testa preziosa e poi, chissà, da totem, vecchio saggio stile capo apache. La speranza è che il giallo del contratto si sciolga nel De Rossi del nome e che tutto, insieme, giallo e rosso, diventi un destino. Daniele, insieme a Francesco, summa di tutte le anime e di tutta la storia dell’incendio giallorosso, dal 1927 a oggi.

Detto e auspicato questo, preso atto di contratti misteriosamente rinnovati dalla precedente dirigenza e del suo contratto ancor più misteriosamente lasciato sfinire, Daniele ha tutto il diritto di scegliere, di consultarsi con i suoi cari e di essere rispettato in ogni caso. Fermo restando che il suo eventuale addio sarebbe un micidiale dolore per il tifoso romanista. Micidiale ma reversibile come tutti i dolori, anche più forti di questo.

 

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