Decollo Roma. La prima vittoria di Luis Enrique la firma Osvaldo

Decollo Roma. La prima vittoria di Luis Enrique la firma Osvaldo

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GAZZETTA DELLO SPORT (S.VERNAZZA) – Cruciverba Roma. Per una sera si curano di più le parole verticali, si tralasciano le voci orizzontali e – sarà un caso? – arrivano tre punti sofferti, però importanti. La prima vittoria di Luis Enrique in Serie A. Meno possesso fine a se stesso e vai col successo, per dirla in rima. Il gol della vittoria è nato in maniera poco «enriquiana» e molto italiana. Cross dalla trequarti di Rosi – cosa che nel Barcellona A e B è vietata per legge – e testata vincente di Osvaldo. In tempi di magra va bene così. Oggi a Luis Enrique serve vincere per tenere viva l’idea e scampare al pollice verso dei romanisti. Che il Parma sia stato avversario ideale, perché confuso e molliccio, è dettaglio rilevante ai fini dell’analisi, ma non della classifica.

Meno preliminari In queste settimane la Roma di Luis Enrique si è prodotta in un’estenuante sessione di preliminari. La palla girava di qua e di là, di su e di giù. Destra e sinistra, indietro e di lato. Palleggio al limite dell’esibizionismo. La porta questa sconosciuta. A Parma il «tiqui-taca» non è stato la cifra predominante della Roma. Più velocità nel giropalla e maggiore profondità. Con Totti sotto forma di paradosso. Il capitano c’entra poco col nuovo sistema, non per ragioni tecniche (ci mancherebbe: uno come lui il pallone potrebbe accarezzarlo per ore), ma di rapidità d’esecuzione, perché la natura dice che da domani gli anni saranno 35. Forse, se potesse, Luis Enrique ne farebbe a meno, però non può. Così Totti gioca e contro avversari modesti, laschi nei raddoppi, fa un figurone. Al Tardini ha colpito un palo, regalato aperture, azionato compagni. Un gran bel vedere. Roba che uno pensa: come si fa a lasciarlo fuori? Impossibile. Totti, però, gioca lontano dalla porta – una delle intuizioni di Spalletti fu all’opposto quella di avvicinarlo alla rete – e il suo ruolo di regista offensivo ingombra mente e spazi del talentino Pjanic, timoroso di invadere i territori del capitano. L’impressione è che Totti sia il paradosso di Luis Enrique. Né con lui né senza di lui, per dirla con un latinismo. Con lui il tecnico deve scendere a compromessi, rinnegare in parte il suo credo. Senza di lui i risultati non arrivano perché le giocate di Totti in questa Roma non ce le ha nessuno. Come uscirne? E chi lo sa.

Nuovo De Rossi De Rossi è invece diventato un muro maestro. Giocatore chiave, che permette a Luis Enrique di variare il modulo. I terzini avanzano, De Rossi si abbassa sulla linea dei difensori centrali e la Roma passa al 3-4-3. Daniele è paracadute, sminatore, salvavita. La Roma segna pochi gol, ma pochi ne subisce: 3 reti fatte e 3 prese in 4 giornate sono indice di stabilità e lo stabilizzatore è lui, Daniele De Rossi, riemerso dalle selve oscure in cui si era cacciato. Due parole la spendiamo anche per Osvaldo, che un po’ ci ricorda Ciccio Graziani. Non ha piedi delicati, però si sbatte, corre e cerca la porta: il gol e poi un diagonale, fuori di poco.

Parma stordito Qualche volata di Biabiany, che si è mangiato il pari tirando fuori anziché mettere in mezzo. Qualche spruzzatina di Giovinco. Un rabbioso finale. Il Parma non ha fatto vedere altro. Un punto in 4 turni. La Roma ha confermato quel che Torino (batosta con la Juve) aveva anticipato: avanti di questo passo, sarà dura salvarsi.Unica attenuante, la mancata espulsione di Kjaer: in superiorità numerica sarebbe forse finita diversamente.

 

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