CORRIERE DELLO SPORT – A. POLVEROSI – Il sito personale di Zdenek Zeman va aggiornato. Nella finestra della tattica appare questa sintetica considerazione: «Perché ho scelto il 4-3-3? Perché è il modo più razionale per coprire gli spazi. Come ci sono arrivato? E’ geometria». Adesso si può usare l’imperfetto: era una geometria basata su 40 anni di carriera, dalle giovanili del Palermo fino alla Roma bis. Fino a Fiorentina-Roma, quarti di finale di Coppa Italia, di mercoledì 17 gennaio 2013, data storica per il calcio del boemo. Difesa a 3, dura e pura, come duro e puro era il 4-3-3 accantonato chissà se solo per una notte. Il passaggio al 3-4-3 è stato più naturale per la squadra che per il suo tecnico. Che doveva cercare un’idea (e l’ha trovata) per uscire dall’imbarazzo di questo periodo. Si può immaginare la sorpresa, anzi, l’incredulità, dei giocatori quando Zeman ha dato l’annuncio negli spogliatoi: “Giochiamo con Marquinhos, Burdisso e Castan centrali, Piris e Balzaretti sulle fasce”. Non ci credevano, non potevano crederci. E infatti De Rossi ha confessato: «E’ stata una sorpresa anche per noi, Zeman non è un allenatore abituato ai cambiamenti tattici».
Per maturare una decisione del genere, Zeman ha sommato una serie di convinzioni. Prima di tutto il gioco della Fiorentina: attaccando con due esterni come Cuadrado (una furia della natura quando sta bene, non adesso però) e Pasqual, era il caso di non concedere troppo campo alle due ali di Montella. Soprattutto Cuadrado se parte palla al piede con un po’ di spazio davanti non lo prende nessuno. Attacco dagli esterni e con due punte centrali anche se una (Jovetic) rientra di continuo per incollare il centrocampo all’attacco, il totale fa 4 attaccanti quando la Fiorentina è nella fase offensiva, di conseguenza per proteggersi in superiorità numerica serviva un difensore in più. La terza considerazione è legata alle tante assenze di qualità nella Roma: meglio restare più coperti e compatti possibile. Ce n’è infine una quarta: l’effetto-sorpresa. (…)