Doni a De Rossi: «Daniele non dargliela vinta»

Doni a De Rossi: «Daniele non dargliela vinta»

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rassegnastampaIL TEMPO – A. AUSTINI – Ha smesso di giocare dopo che il suo cuore ha smesso di battere. Trenta terribili secondi in cui Doni rischiò di perdere la vita, durante un controllo cardiaco a Liverpool un anno fa.

È stato l’ultimo portiere a resistere sei anni tra i maledetti pali giallorossi e adesso si è rifatto una vita in Brasile, a Riberao Preto, 300 chilometri da San Paolo. Roma è lontana ma è rimasta al centro dei suoi interessi: qui ha lasciato amici, compagni, legami forti come quello con Daniele De Rossi che nella sua ultima stagione nella Capitale lo difese così: «Doni è il portiere più forte dopo Buffon. Ha pagato il fatto che qualche pappone ha parlato in giro per le radio tentando di fargli terra bruciata intorno. Sono gli stessi papponi che entrano a Trigoria e fanno i padroni».

C’è un nesso diretto tra queste parole pronunciate tre anni fa dal centrocampista e quelle di domenica notte provenienti dal Brasile. «A Roma – ha accusato Capitan Futuro – si vive anche di calunnie e devi sempre stare attento a come ti muovi, a quello che dici: ti vengono attaccate pecette vergognose». I calunniatori di professione sono sempre lì. Spalletti li chiama «tiratori scelti e se Daniele parla così qualcosa di vero c’è». La Roma esprime solidarietà a De Rossi aspettando di decidere insieme a lui se è il caso di separarsi, Doni spera che non succeda.

Cos’ha provato leggendo le dichiarazioni del suo ex compagno? «Tanta amarezza, ma nessuna sorpresa. Daniele è l’unico ad avere il coraggio di dire certe cose. Lo fece quando ero ancora alla Roma per difendermi e continua a pagare anche questo».

A chi si riferisce? «C’è gente che inventa storie ogni giorno, liberamente, senza che nessuno intervenga. Ad esempio su di me hanno detto che Montella mi faceva giocare perché ero amico di De Rossi e la formazione la decideva lui. Non è una calunnia questa? Ho sempre dato tutto per quella maglia, ho giocato con un ginocchio a pezzi senza allenarmi. Ma in pochi me lo hanno riconosciuto».

Quindi De Rossi farebbe bene a cambiare aria? «Una decisione così delicata spetta a lui. A me dispiacerebbe se andasse via, è un grandissimo centrocampista e per la Roma ci sta male. L’ho visto piangere di rabbia dopo le sconfitte. Se partisse, per certi versi, la darebbe vinta a chi cerca quotidianamente di distruggere lui, la squadra e la società».

Per lei invece cos’è la Roma? «Una tappa fondamentale della mia vita professionale e privata. Sono stati sei anni pieni di emozioni che mi hanno segnato. Quando posso seguo le partite in tv e mi sento spesso con alcuni compagni e dirigenti. Adesso grazie all’appoggio di Bruno Conti sto costruendo a Riberao Preto la prima scuola calcio brasiliana con il marchio della Roma. Scoprire qualche talento da mandare a Trigoria sarebbe il massimo. È una struttura all’avanguardia, con delle webcam puntate sui campi per consentire ai genitori di seguire da casa in diretta gli allenamenti dei figli».

La Roma ha bisogno di un portiere, pronto subito però. «Lo so e mi dispiace per Stekelenburg. Forse non si è ambientato ma giocare in quello stadio è difficile per tutti. Non basta saper parare: devi estraniarti ed essere molto forte a livello mentale».

Se la sente di consigliare Rafael? «Con il Santos ha fatto molto bene, anche lì c’è tanta pressione. Ha ottime doti, è giovane e mi sembra pronto per il campionato italiano».

E Rudi Garcia? «Non lo conosco, gli auguro di fare bene. Mi dispiace non sia rimasto Montella, so che lo rimpiangono in tanti. Anche gli stessi che due anni fa dicevano: “fa giocare solo gli amici”».

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