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Avv. Falasca (Dla Piper): “Le società, in caso di ripresa, si assumono un rischio enorme: non basta un protocollo sanitario rispetto alla responsabilità civile e penale in caso di nuovi contagi”

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Giampiero Falasca, avvocato giuslavorista esperto di sport e collaboratore del Sole 24 Ore, è intervenuto ai microfoni di Radio CentroSuonoSport per analizzare il tema relativo alla possibile ripresa dei campionati e la problematica legata alla responsabilità civile e penale dei club in caso di nuovo contagi:

“Tutti si stanno concentrando sul tema di quando dover riprendere, ma nessuno si è chiesto che succede se il campionato dovesse ripartire, un calciatore si contagia, riporta danni permanenti o addirittura muore? Le società rischiano il reato di omicidio colposo. La stagione potrà ripartire solo quando ci saranno le condizioni di sicurezza massime rispetto ai lavoratori, cioè ai tesserati. La legge dispone che vengano utilizzate tutte le tecnologie a disposizione per ovviare al tema della sicurezza.  Non basta applicare un protocollo sanitario, per quanto ben scritto, per ritenersi adempienti rispetto a questa obbligazione. La giurisprudenza, civile e penale, è molto esigente con i datori di lavoro, e ritiene necessario che questi siano in grado di applicare, in ogni momento, il massimo della tutela possibile per prevenire la sicurezza dei dipendenti. C’è una polemica aperta anche in Lega, con i medici sportivi che hanno sollevato delle criticità relativamente al famigerato protocollo sanitario. Le società, ripartendo, si assumono un rischio molto alto. C’è differenza tra una fabbrica e una squadra di calcio, che inevitabilmente per lo sport che si pratica prevede un contatto continuo tra gli atleti. La decisione non sarà solo tecnica, ma anche politica ed economica, ma devono sapere che sono seduti su una cosa che scotta. Capisco il dispiacere nel non vedere il calcio giocato, ma ci sono delle situazioni importanti da chiarire. Ho la sensazione che che o si riparta un po’ al buio oppure che Spadafora, come avvenuto in Francia, comunichi lo stop definitivo alla stagione. Il coronavirus rientra tra gli infortuni del lavoro, è stato ribadito anche dall’INAIL. Valutiamo anche l’effetto del virus sugli atleti, basta vedere la situazione di Sportiello dell’Atalanta che ancora dopo 40 giorni non ne è uscito definitivamente. C’è anche un problema territoriale: un conto è giocare a Roma oggi, un conto a Bergamo o Milano. Sono i medici delle squadre che stanno rifiutando di apporre la firma sul protocollo della FIGC, perchè un domani un giudice può definire quel protocollo avventato, soprattutto in zone colpite fortemente dalla pandemia. Le società ad oggi sono preoccupate dalle eventuali ritorsioni di natura legale, qualora la situazione sulla responsabilità da contagio non venga chiarita. Altro problema enorme è quello della scadenza dei contratti, poichè non c’è nessuna norma eccezionale che può stabilire la proroga automatica di tutti i contratti, perchè serve l’accettazione di tutte le parti coinvolte. Il calcio, dinanzi a tutte queste problematiche di natura legale, difficilmente ripartirà”

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