Falcao dopo 18 anni torna all’Internacional

Falcao dopo 18 anni torna all’Internacional

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CORRIERE DELLO SPORT (R. MAIDA) – Sembrava non pensarci più. In fondo, a 57 anni in molti smettono di sognare. Invece, ieri notte, è arrivata la telefonata del cuore. L’In­ternacional di Porto Alegre sta per assumere Paulo Ro­berto Falcao come allenato­re. I tifosi, ricordandone il carisma di calciatore più che le referenze da tecnico, ne hanno invocato il nome dopo la brutta sconfitta in Coppa Libertadores contro i Jaguares, una squadra mes­sicana. E di fronte all’idolo dell’Inter brasiliana, come viene chia­mato Falcao, anche un onesto pro­fessionista della panchi­na come Cel­so Roth si do­vrà fare da parte. L’an­nuncio è at­teso oggi an­che se l’inte­ressato, per rispetto di chi sta per­dendo il po­sto, non com­menta l’indi­screzione dei media brasi­liani: «Non è il momento di parlarne» .

ASTINENZA – La particolarità è che Falcao non allena da 17 anni una squadra vera, precisamente dal 1994 quando provò senza fortuna a insegnare calcio alla na­zionale giapponese. All’epo­ca non c’erano Honda e Na­gatomo, e nemmeno Nakata e Nakamura. Era un pianeta di dilettanti del pallone. Ric­chi e vogliosi, questo sì, ma poco preparati a sfidare il mondo. Falcao fallì e dopo pochi mesi si ritirò a vita privata. Nella sua Porto Ale­gre tornò in fretta, commen­tando partite per una televi­sione. E grazie al nuovo la­voro nel 2003 si è anche spo­sato (per la seconda volta) con la presentatrice Cristi­na Ranzolin. Aveva forse concluso che la professione di tecnico per lui, che già in campo faceva l’allenatore, era troppo sedentaria per essere stimolante. Del resto, pochi anni prima, gli era an­data male anche da ct della nazionale brasiliana (1990-91, solo una medaglia d’ar­gento in Coppa America) e da allenatore dell’America e della stessa Internacional (1993). Alla quarta delusio­ne, aveva detto basta.

PASSIONE – Ma un uomo non può ignorare a vita la pro­pria natura. Falcao è un uo­mo di calcio. Per questo, di recente, aveva lancia­to segnali:« Se mi vo­gliono, sono pronto a ri­cominciare,ad allenare di nuovo ». Eccoci qua. Si era sus­surrato di un possibile ri­torno pure a Roma tra i ti­fosi nostalgi­ci di questo calciatore fantastico, che ha lasciato come reliquia uno scudetto inimitabile ma an­che i rimpianti di un rigore non tirato e di un addio bur­rascoso. Più come dirigen­te, che come allenatore. In­vece lo ingaggia l’Interna­cional, la squadra che l’ha visto nascere, che ha ap­prezzato per prima quel passo elegante, quella capa­cità di stare in campo sem­pre nel posto giusto, quel­l’abilità nel« far correre il pallone invece delle gam­be »che piaceva a Liedholm, quell’esultanza con il saltel­lo e la manica arrotolata. Per la Roma magari ci sarà tempo più in là, come nel 1980 quando Dino Viola se lo trovò in casa scoprendosi felice di non essere mai ar­rivatoa Zico.

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