Giovani dalle spalle larghe: Pellegrini guida la fila dei nuovi leader delle...

Giovani dalle spalle larghe: Pellegrini guida la fila dei nuovi leader delle grandi

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De Rossi è stato capitan futuro per una carriera intera: è diventato capitano e basta a 34 anni, quando Totti ha abbandonato il campo e gli ha ceduto i gradi. Pellegrini, invece, la fascia al braccio ce l’ha già da tempo, dalla clamorosa lite — con declassamento — di Dzeko con l’allora allenatore romanista Fonseca: Lorenzo, romano e da sempre giallorosso, venne individuato come erede del bosniaco, e pazienza se di anni ne aveva appena 24. È il capofila di una generazione di giovani e giovanissimi leader: lui è il capitano della Roma, molti altri ragazzi aspirano a diventarlo nelle loro squadre. Che non sono realtà di quartiere: Inter, Milan, Juve, Napoli.

Barella è il capitano designato dell’Inter, destinata a fine stagione a separarsi da Handanovic. Idolo dei tifosi, maturo anche nella vita di tutti i giorni (la moglie Federica gli ha dato tre figlie), a 24 anni il centrocampista sardo può diventare il punto di riferimento del mondo nerazzurro. Il Milan, è noto, punta (quasi) tutto sui giovani: è la linea dettata da Elliott. Qualche scelta si dimostra giocoforza sbagliata, ma Maldini azzecca gran parte dei ragazzi: Leao e ancor più Tonali, dopo un periodo più o meno lungo di faticoso adattamento, si stanno affermando come talenti puri. Immaginare Sandro quale futuro leader del suo amato Milan non è affatto difficile.

Come scrive il Corriere della Sera, qualcuno sembra non accorgersi che anche la Juve sta seguendo lo stesso percorso giovane, sebbene i suoi ragazzi abbiano costi elevati o a volte — come nel caso di De Ligt — addirittura esorbitanti: dall’olandese a Kulusevski, da Kean a Locatelli, ormai da tempo Agnelli ha intrapreso un percorso verde, non in linea con la tradizione del club. Ma oggi il talento che più colpisce è indiscutibilmente Chiesa. Nemmeno lui è costato poco (60 milioni, bonus inclusi), però la sua affermazione è dirompente: era già un trascinatore nella squadra di Ronaldo, quando strappare una piccola parte di copertina a Cristiano sembrava un atto di lesa maestà; sta acquistando un peso sempre maggiore adesso. Così come Osimhen, anche se il suo impatto straordinariamente positivo sul Napoli lo si vede più in campo che nella leadership, ancora nelle mani dei grandi vecchi

Il fatto che i ragazzi in questione siano quasi tutti italiani è confortante, per Mancini e per i tifosi italiani: nel calcio la personalità conta e i Mondiali sono lontani appena 13 mesi. Ma forse proprio il c.t. ha contribuito a costruire questi giovani con le spalle larghe, oltre che con i piedi buoni: è stato lui a dare loro fiducia perfino quando nei club erano ai margini. L’icona rimane la convocazione di Zaniolo in un periodo in cui ancora nessuno si era accorto che si trattava di un campione. Poi lo hanno notato tutti, ma a quel punto era facile.

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