Il passo della tartaruga

Il passo della tartaruga

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83 giorni. Quasi tre mesi per  aspettare e vedere, alla ricerca di una nuova Roma, che cancellasse 6 mesi orribili, culminati nonostante tutto con un secondo posto. 83 giorni di attesa, resi vani da 90 minuti inguardabili, tanto brutti da far concorrenza al terreno del “Bentegodi”, capace di bloccare le rarissime idee di gioco dei giallorossi. Un’intera estate che ci aspettavamo cambiasse le cose, ma che in realtà ci ha restituito la stessa squadra che avevamo lasciato: lenta, compassata, con poche, pochissime intuizioni e qualche sofferenza di troppo in difesa. Non è tanto il risultato a stonare, perché un pari all’esordio ci può anche stare, come hanno anche dimostrato le altre big del campionato (anche se il prossimo impegno contro la Juve rischia di pesare tanto, soprattutto nella testa dei giocatori).

DE ROSSI SALVA SULLA LINEA   verona romaAd andare giù di traverso è la prestazione, nettamente inferiore, nella voglia e nella corsa, a quella degli uomini di Mandorlini. Sono già troppe le cose che non vanno, a partire da un mercato al solito sopravvalutato. Per carità, ottime le operazioni effettuate, con i colpacci Dzeko (tra i migliori a Verona) e Salah, e quella legata al futuro, che corrisponde al nome di Gerson. Bene anche quelle in uscita, ma le lacune della Roma lo scorso anno, oltre alla prima punta, erano sulle corsie laterali. Lucas Digne arriva da due anni difficili, ha solo 22 anni ed imporsi nella capitale non è cosa da tutti. Sull’altro versante si fanno ancora i conti con un Maicon alle prese con i problemi muscolari e con Florenzi adattato. Davvero troppo poco per pensare che l’asticella della squadra si sia alzata. A destare preoccupazioni sono poi anche le scelte ostinate di Garcia, che continua a puntare sul suo fido Gervinho, nonostante sia ormai un corpo estraneo alla squadra. Un bambino che diventa il pupillo della maestra a scuola forse a fine sarà promosso con il massimo dei voti, ma i suoi compagni di classe lo isoleranno fino a lasciarlo solo. E nel calcio sappiamo bene come il collettivo conti più delle individualità; se poi quest’ultime non garantiscono la sufficienza, l’insofferenza degli altri diventa scontata.

Dzeko  1 a VeronaIl tecnico francese è il vero punto interrogativo dei giallorossi, ma il suo destino è tutto nelle sue mani. Il terzo anno è quello da dentro o fuori: o prenderà le redini della squadra in mano come Giulio Cesare fece con l’antica Roma ergendola a capitale del mondo, o finirà come Nerone, ammirato nei suoi primi anni di guida, ma finito con l’essere accusato di tutte le malefatte accadute nell’Impero, che lo portarono al suicidio.

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