Il tifoso ucciso a Milano, i pm: “Un combattimento”. Due capi alla...

Il tifoso ucciso a Milano, i pm: “Un combattimento”. Due capi alla guida dell’assalto ultrà

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IL MESSAGGERO (C. GUASCO) – «Un combattimento», lo definiscono i pm nella richiesta di convalida di arresto. E che sia stata proprio una guerra pianificata nelle strategie, quella scatenata dagli ultrà di Inter, Varese e Nizza prima della partita contro il Napoli, lo conferma un testimone che ha visto e sentito tutto dalla finestra di casa: «Durante gli incidenti due persone sembravano guidare il gruppo impartendo ordini sia in lingua francese che in quella italiana. Ricordo che uno dei due aveva un passamontagna scuro che lasciava scoperti solo gli occhi».

«HA LE GAMBE ROTTE» C’è la truppa e ci sono i capi, nell’agguato di via Fratelli Zoia nel quale quattro tifosi partenopei sono stati feriti e Davide Belardinelli, uno degli assalitori, è morto schiacciato da un suv. Le telecamere hanno ripreso tutto e tre ultrà sono a San Vittore. Francesco Baj, 31 anni, «identificato da un cappellino a cuffia come colui che lanciava un bastone», Simone Tira, stessa età, e Luca Da Ros, 21 anni, incastrato da un filmato «mentre impugna un bastone». Baj e Tira sono legati tra loro dalla medesima appartenenza a Lealtà azione, gruppo di estrema destra di cui il primo è uno dei dirigenti: gestisce l’agriturismo di famiglia a Rosate, la Cascina Sant’Ambrogio, e qui l’anno scorso ha ospitato la Festa del Sole organizzata dal movimento. Da Ros è un ultrà dei Boys senza alcuna particolare inclinazione politica, mentre Flavio Biraghi (indagato) e Baj sono accomunati dal tifo estremo della curva dell’Hockey Milano, che espone stemmi di Lealtà azione. Oggi saranno interrogati dal gip Guido Salvini e risponderanno alle domane, anticipano i loro avvocati Mirko Perlino e Antonio Radaelli spiegando che i tre ultrà avrebbero avuto nello scontro un «ruolo marginale» e sono «molto provati» per la morte di Belardinelli. Il quale, come mette a verbale un testimone, è stato sollevato dall’asfalto da alcuni compagni in condizioni disperate: «Tre o quattro persone trasportavano a braccia un individuo con i pantaloni stracciati urlando: Ha le gambe rotte. Il ferito veniva caricato su un’auto di medie, piccole dimensioni, grigia chiara o bianca, e partiva a forte velocità su via fratelli Zoia». Tutto è cominciato una decina di minuti prima, alle sette e venti di sera, quando una quarantina di persone si riunisce nel prato di un giardino pubblico dietro via Novara: «Sono tutti armati di bastoni e spranghe metalliche, coperti da cappucci e passamontagna», riferisce un testimone che vede la scena dal balcone.

IL DIVERSIVO Pochi minuti dopo è l’inferno, con un «fitto lancio di torce fumogene, petardi e mazze che colpiscono i van scrivono i pm. I tifosi del Napoli arrestano i loro mezzi, scendono e, armati di aste e cinture, aggredivano a loro volta i tifosi dell’Inter, intrattenevano con loro un combattimento». E nella dotazione dei tifosi partenopei sarebbero stati sequestrati anche dei coltelli. In un audio trasmesso da Canale 21, un tifoso napoletano riferisce: «Ci siamo accorti che tra di noi c’era un loro amico morto. Allora ci hanno chiesto una tregua. Hanno spostato il morto e ci hanno applaudito per il gesto. Dopodiché abbiamo ripreso lo scontro. Ci siamo fatti valere con onore. Gli abbiamo lanciato contro bidoni della spazzatura e le bottiglie di vetro così gli abbiamo tagliato la testa. C’erano sei, sette di loro che avevano le facce tagliate». Ma ad avere la peggio sono quattro supporter napoletani: il commando di ultrà interisti, del Varese e del Nizza, «colpendo con spranghe, un coltello una roncola», ferisce al labbro superiore Luigi Corrente e all’addome Giovanni Stabile. Nello stesso momento, i capi della Curva Nord dell’Inter sono tutti al Baretto 1957, storico locale ultrà all’ingresso dello stadio Meazza: gli uomini della Digos li tengono d’occhio e loro non si muovono, creando così un diversivo per coprire l’agguato a un chilometro e mezzo di distanza. Un particolare, rilevano gli investigatori, da cui si evince che anche i vertici della Curva fossero al corrente dell’attacco. Il questore Marcello Cardona ha emesso sette Daspo a carico di ultrà interisti: solo un ventunenne è incensurato, gli altri hanno numerosi precedenti penali e a cinque era già stato vietato l’ingresso allo stadio.

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