Infinitamente Capitano

Infinitamente Capitano

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Fate un giro a Hollywood. Fermatevi a parlare un po’ di tempo con George Lucas, con Quentin Tarantino o con Martin Scorsese, e chiedete loro di scrivere l’ultima scena (o meglio l’ultima parte per non cadere nella malinconia) del film sulla carriera di Francesco Totti. Ognuno scriverà la sua sceneggiatura, probabilmente ognuna diversa dall’altra; ciò che è sicuro è che nessuno di loro sarebbe in grado di pensare un finale tanto bello, tanto assurdo quanto emozionante. 160 secondi per riscrivere un altro pezzo di storia del calcio, per scendere dall’Olimpo degli dei e assumere i panni del Deus ex machina, colui che tutto risolve. 160 secondi per trasformare in oro due palloni, magia che neanche a Re Mida sarebbe riuscita. 160 secondi per dire: “Ve l’avevo detto”. Si, perché continuava a ripetercelo che non era finito, ma noi non volevamo crederci. E invece aveva ragione, il capitano non muore mai, le leggende non finiscono mai. Mezz’ora circa di riscaldamento per regolare i giri del motore, per incorporare tutta la grinta necessaria e cambiare nel minor tempo possibile il corso di una partita. Impresa impossibile quasi per tutti, tranne che per lui: 39 anni e voler dimostrare di essere in grado di fare ancora la differenza. E ancora una volta ci è riuscito, regalando questi insperati tre punti e regalandoci un terzo posto messo ormai in cassaforte. Non sappiamo se averlo fatto alla vigilia del compleanno di Roma sia un segno del destino o una pura coincidenza. Ciò che ci hai insegnato è che per vedere i miracoli non serve alzare gli occhi al cielo, ma solo guardare i tuoi piedi afferrare un pallone.

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Quella vista prima era stata probabilmente la peggior Roma dello Spalletti 2.0. Peggiore forse anche di quella primordiale vista contro il Verona, o di quella remissiva e impaurita dello Juventus Stadium. 80’ di vuoto o poco più, con il fantasma di Garcia pronto a farsi un giro dentro l’Olimpico. Un match che, escludendo l’epilogo romantico, deve far riflettere e in un certo senso far paura: la fragilità mentale di questa squadra è un boccone amaro assaporato troppe volte, ma sempre difficile da digerire. È una fastidiosa sanguisuga che si è avvinghiata al nostro corpo e che di mollarci non ne ha nessuna intenzione. Al di là di tutti i problemi tattici che ci possano essere, è questo il principale ostacolo su cui lavorare, incessantemente, fino a quando l’unica sconfitta permessa sarà per manifesta superiorità degli avversari.

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Adesso arriva il Napoli, e si spera di aver incanalato nel verso giusto tutta l’euforia che il numero 10 ci ha offerto con l’indimenticabile finale di ieri. Probabilmente partirà ancora dalla panchina, ma poco importa: il suo ruolo è quello, entrare e riscrivere la storia, come solo i grandi supereroi sanno fare. Perché tu, Capitano, sei qualcosa che gli altri non sono e non saranno mai: tu sei FRANCESCO TOTTI, il Re di Roma.

Never Ending Story.

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