“L’idea di gioco non è cambiata”

“L’idea di gioco non è cambiata”

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IL ROMANISTA – M. MACEDONIO – Ma Luis Enrique si è davvero italianizzato? Secondo alcuni grandi ex romanisti, assolutamente no. Il tecnico sta portando avanti il proprio progetto, lo stesso predicato a Riscone di Brunico. Semplicemente, ora la squadra lo sta seguendo alla lettera. E i risultati si vedono.

MAURIZIO IORIO: «Ritengo che, pur in mezzo a mille difficoltà, Luis Enrique stia portando avanti il suo modo di intendere il calcio. E personalmente gli auguro con tutto il cuore di poter ottenere risultati soddisfacenti al più presto. La classifica attuale non è forse quella che la società si aspettava a inizio stagione, ma, guardando anche le altre, non mi sembra che la Roma sia così lontana. (…) Secondo me, il tecnico sta facendo delle cose molto interessanti, perseguendo la sua idea, contro tutto e tutti. Ed è proprio questo che mi piace di lui. “Italianizzato”? Non mi sembra affatto. Perché mettere Taddei a fare il terzino – ripeto, contro tutto e tutti – e centrare in pieno l’obiettivo, oltretutto rigenerando il giocatore, mi sembra che costituisca una nota di merito notevole. E non è solo Taddei ad essere stato recuperato. Penso a Simplicio, ma anche a Greco, che per me è un fior di centrocampista. E aggiungo che della Roma, in questo momento, mi piace tutto: a cominciare dai tifosi, che hanno capito le difficoltà in cui si trovava la società e hanno appoggiato quanto messo in campo dalla nuova proprietà. E se è vero che la parola “progetto” viene usata da molti con estrema facilità, trovo che nella Roma vi sia realmente una base su cui è possibile costruire e ottenere risultati in futuro».

MARCO DELVECCHIO: «Dire che abbia sconfessato se stesso è eccessivo. È pur vero che dalla metà campo in su ha mantenuto quanto è andato predicando fin dall’inizio, mentre è in fase difensiva, invece, che si è visto qualche cambiamento. Se poi essere più accorto e più attento dietro significa essere un po’ più “italiano”, non penso che ci sia del male a dirlo. Tutti sostengono che quello di Luis Enrique è un calcio nuovo, bello, interessante. E su questo sono d’accordo. Dico solo che se si copre un po’ di più, può farlo lo stesso, il suo calcio. È solo questione di trovare una giusta via di mezzo. Se la squadra è sulla strada buona? Sì, ma ci vogliono sempre le conferme. A partire già da Bologna».

GIACOMO LOSI: «È troppo facile dire oggi che Luis Enrique ha cambiato il suo modo di giocare. Io penso invece che l’idea di gioco sia sempre la stessa. E forse erano i giocatori, prima, a non essere ancora capaci di attuarla. Aggiungi a questo il fatto che la condizione di Totti in mezzo al campo è magnifica e avrai che gli equilibri vanno finalmente a posto. Non è un caso che tutto abbia coinciso con il ritorno di Francesco. Che si è trovato la sua posizione da solo, perché può stare dove vuole ed è giusto che sia così, senza costringerlo in un ruolo o in una gabbia. Luis Enrique, ripeto, non ha cambiato modo di giocare. Ha semplicemente adattato la squadra al tipo di partita che si stava giocando. Come ogni tecnico deve fare».

GIANCARLO DE SISTI: «Non abbiamo mai pensato che Luis Enrique dovesse portare a Roma il Barcellona. L’abbiamo però conosciuto come un allenatore teso a sviluppare quel tipo di gioco, che è caro anche a tanta gente, oltre che a lui. Ovvero possesso palla e ricerca degli spazi. E l’abbiamo quindi seguito con interesse. (…) In alcune partite abbiamo visto la squadra tenere palla ma senza mai tirare in porta, in altre verticalizzando di più ma rischiando un po’ in difesa. Domenica ho visto una squadra che ha vinto con pieno merito, creando occasioni da gol, e dove non mi sembra che lui abbia sconfessato il suo gioco. Tutt’altro. Ha giocato, in manovra, e con l’opera preziosa di cucitore che sa fare De Rossi, trovando quegli equilibri tra i reparti che erano spesso mancati in altre occasioni. Ha anche trovato subito il gol, e quindi ha potuto esprimersi con quel vento a favore, di cui non aveva mai goduto nella altre partite. E comunque, non mi pare che il tecnico abbia stravolto il proprio modo di giocare. Ci sono state, sì, delle varianti in corso d’opera, che ma che è ciò che si chiede ad un allenatore. Da parte mia, ho continuato a vedere l’atteggiamento giusto nella costruzione del gioco.». (…)

ROBERTO SCARNECCHIA: «Seguo la squadra e, da quello che vedo, credo che ci sia sempre un possesso di palla importante, anche se con più verticalizzazioni. Ed è questo, semmai, che è cambiato, in meglio. Senza dimenticare che la squadra, almeno a Napoli, ha dovuto fare a meno di giocatori come Pjanic, Gago e Pizarro (…). E questo dimostra che il gruppo c’è e, soprattutto, lo segue. Aggiungo che la Roma mi era piaciuta molto anche contro la Juventus, in una gara che avrebbe potuto vincere o chiudere con molto anticipo. E dove solo un’incertezza di Stekelenburg, al quale comunque non può essere imputato nient’altro in questo periodo, ha fatto la differenza. Dimostrando che la Roma, oggi, se la può giocare con tutte. Grazie proprio a Luis Enrique, che se ha cambiato qualcosa è stato proprio il fatto che ad un possesso di palla un po’ sterile e fine a se stesso sta ora facendo seguito la ricerca della verticalizzazione, con gli inserimenti dei centrocampisti, a cominciare da Lamela. Vedo finalmente una squadra meno leziosa e più concreta. (…)

SEBINO NELA: «Proprio Luis Enrique, prima di questa partita con il Napoli, aveva parlato di equilibri. E della necessità di fare la partita quasi perfetta, avendo, se possibile, un pizzico di fortuna. Mi sembra che si sia avverato tutto quanto. E a lui sia riuscito praticamente tutto. A differenza di altre volte, ho visto nel primo tempo una squadra perfetta. Cresciuta molto sotto l’aspetto della personalità. E il merito è naturalmente dell’allenatore. Che credo stia facendo un grande lavoro. La mentalità è quella: fare possesso palla, attaccare e non indietreggiare, rimanere alti e corti, organizzati ed equilibrati. E domenica si è vista davvero una Roma di livello. Un altro elemento importante sta nel fatto che la squadra lo segue. (…) Quando si arrivano a fare dichiarazioni come quelle di Totti, che confermano che il comandante è una persona credibile, onesta, sincera, vuol dire che i giocatori stanno bene con questo allenatore, che vuol dire anche che questa persona sta facendo grandi cose. Credo molto in lui».

LANDO FIORINI«Per me non è avvenuta alcuna italianizzazione» sottoscrive Lando Fiorini, cantante romano e romanista: «La Roma è cambiata perché ha capito che Totti deve giocare». Il Capitano in campo è sinonimo di «personalità in campo, lui e De Rossi insieme danno tranquillità ai più giovani». L’obiettivo? «Arrivare terzi, vedendo però di partita in partita. Speriamo sia la svolta. Simplicio ha dato consistenza alla formazione. Ora Luis Enrique deve insistere su questa. Il maggior merito? Lo darei a Totti, “l’elettricista”. (…) L’abbraccio a Viviani e Luis Enrique dimostra la sua generosità».

FEDERICO ZAMPAGLIONE: «È un anno particolare: società, allenatore e giocatori sono cambiati. Bisogna dare tempo a tutti di ambientarsi e di gettare le basi per un futuro migliore. Ha ragione Totti quando dice che a questa Roma seve un mix tra “senatori” e “giovani”: i primi garantiscono l’esperienza, gli altri una grande velocità e un gioco più spettacolare. I miglioramenti più visibili? Sicuramente in difesa: finalmente abbiamo un portiere che garantisce sicurezza. Non ci deve essere un obiettivo in particolare, la squadra deve solo cercare di far bene, di dare il massimo gara dopo gara».

ROBERTO CIUFOLI «Non condivido l’idea di calcio che ha il tecnico asturiano, e infatti fino a quando abbiamo adottato il modello Barcellona la squadra ha stentato, mentre ora stiamo vedendo una strategia più efficace che ci porta, per esempio, a verticalizzare di più. Finora c’è stata molta confusione, anche per quanto riguarda le scelte di formazione. Se fai uno spettacolo al buio non apparirà mai, adesso si è accesa qualche luce, è come se avessimo cambiato lingua. Che aspettative ho? A Napoli abbiamo giocato bene ma non bisogna gridare già al miracolo. Occorre attendere e vedere se questi miglioramenti avranno un seguito. A quel punto potremo sentirci tranquilli». (…)

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