La nuova Roma mostra i muscoli per l’Europa

La nuova Roma mostra i muscoli per l’Europa

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La Gazzetta dello Sport (S.Vernazza) – Cinque eliminazioni e una qualificazione: così le italiane ai playoff Champions dal 2010 al 2015. Soltanto il Milan nel 2013 ha superato lo scoglio d’agosto. Samp, Udinese (due volte), Napoli e Lazio ci hanno lasciato le penne. Una serie nerissima, al punto che per bilanciare il dato negativo bisogna aggrapparsi ai precedenti di Luciano Spalletti con il Porto: l’allenatore toscano l’ha affrontato in Champions alla guida dello Zenit e non ha mai perso, due vittorie e due pareggi il suo bilancio coi «portuensi». Difficile decrittare il playoff che ci aspetta, stasera a Oporto la gara di andata. C’è chi dice che la Roma sia più forte, chi sostiene che il Porto del nuovo allenatore Nuno Espirito Santo sia destinato a notevoli imprese. Il successo del Portogallo all’Europeo induce alla diffidenza, sebbene tra i biancoblù figuri soltanto un eroe di Francia, Danilo Pereira spazza-tutto davanti alla difesa, non esattamente un titolarissimo della sua nazionale a Parigi e dintorni. Una domanda però aleggia attorno alla Roma: c’è vita oltre Pjanic? Quello di oggi sarà il primo vero test senza Miralem, bollato come traditore dalla gente romanista. Al di là dei milioni della Champions a gironi, la Roma chiede al playoff indicazioni per il post-Pjanic. Sarà inevitabile mutare pelle: sì, ma come?
 
VERITA’ – La partenza del bosniaco ha spezzato milioni di cuori giallorossi, però più di ogni altra cosa ha ridotto la cifra di talento del centrocampo romanista. Aspettando Borja Valero, che è giocatore diverso da Miralem, e ammesso che lo spagnolo della Fiorentina arrivi, si guarda a Kevin Strootman. Che giocherà: «Sì, Strootman gioca», la risposta netta di Spalletti a precisa domanda. Affermazione chiara, a spezzare le voci delle ultime ore sull’olandese di nuovo a scartamento ridotto. La storia è nota: l’infortunio, anzi gli infortuni al ginocchio sinistro, le tre operazioni, due anni e passa a bagnomaria. C’è urgenza di capire, meglio: di sapere, se l’olandese è ritornato se stesso, il trascinatore che era prima dell’incidente. La verità, vi prego, su Strootman, per parafrasare un poeta. Con l’olandese e con Nainggolan ai fianchi di De Rossi prende forma una mediana ad alto tasso di corsa e aggressività. Meno belli, più duri, e maggiori responsabilità sulla trequarti per Diego Perotti, chiamato a colmare, almeno in parte, il vuoto di creatività lasciato da Pjanic. Strootman gioca, dice Spalletti, ma non mancano piani alternativi, nel caso si rendessero necessari (speriamo di no). Per esempio l’eterno ritorno al 4-2-3-1, con De Rossi e Nainggolan davanti alla difesa, e con Salah, Perotti ed El Shaarawy dietro Dzeko. Oppure, dislocata da qualche parte nel mazzo, la carta Paredes, «partito ragazzo in direzione Empoli e tornato a Roma giocatore», per citare De Rossi. «Siamo una squadra forte da tutte le parti e siamo pronti per una sfida tanto importante», scandisce Spalletti nella sera dell’«Estadio do Dragao».
FILOSOFIA – Alla conferenza pre-gara l’allenatore della Roma dispensa frammenti della propria filosofia calcistica. Eccone uno, in risposta a una domanda su Dzeko, annunciato titolare, ma chissà se lo sarà per davvero: «Voglio giocatori che siano dentro la partita, che la riempiano. Spesso nelle nostre valutazioni su chi far giocare si è portati a vedere quello che è un gesto, un gol. In una partita ci sono 55 minuti o anche meno di gioco effettivo, però ci sono 22 giocatori in campo e ognuno tocca il pallone per un minuto e mezzo. Gli altri 88 minuti e mezzo ogni calciatore deve fare qualcos’altro. Nello zaino bisogna inserire molte cose. Mi aspetto che Dzeko, se giocherà, faccia bene sotto l’aspetto della mentalità e che ci metta tanto di più». Eccone un altro, di Spalletti-pensiero, in replica al quesito sul ballottaggio tra i portieri (Alisson o Szczesny): «Sceglierò in base a quello che vedo, come per tutti gli altri. Non ho la ricetta per vincere tutte le partite, ma di sicuro so che cosa fare per non doverle perdere: bisogna far giocare chi sta meglio». Maledetto sia il mercato con le sue clausole e postille, mercimonio che a ogni giro d’estate costringe gli allenatori a rivedere gli assemblaggi. Spalletti però non può permettersi la nostalgia per Pjanic: «Sono partiti giocatori forti e sono arrivati giocatori forti», dice, e chi deve intendere intenderà. Il futuro della Roma passa per Oporto, con Strootman e senza Pjanic. Conviene a tutto il calcio italiano che la Magica spezzi l’incantesimo degli ultimi playoff Champions, stregati per le nostre squadre. Più siamo (in Champions) e meglio stiamo.

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