Per capire il fondo dove è precipitata la Roma, può bastare anche un solo nome: Daniele De Rossi. Romano, romanista, una sola maglia nella sua vita ieri, oggi e domani, un futuro da capitano, erede designato di Francesco Totti. Non è più così. E non lo diciamo perché coltiviamo il sottile piacere della provocazione. Lo dicono i tifosi della Roma. Che nelle ore successive all’eliminazione in Champions, hanno certificato, e continueranno a certificarlo nei prossimi giorni, che non esiste più un amore a prescindere. Neppure per Daniele De Rossi, oggi pure lui sul banco degli imputati.
IN UCRAINA – La notte di Donetsk, la gomitata a Srna, l’ennesima, basti ricordare che a Bologna, Lecce e nelle due partite contro gli ucraini poteva essere espulso, i pesanti insulti a Lucescu (a fine partita i dirigenti giallorossi sono andati a chiedere scusa al tecnico romeno), hanno ufficialmente aperto anche il caso De Rossi. Sul quale si interrogano la società di oggi, quella di domani, la Federazione, Cesare Prandelli. In ballo c’è tutto: la Roma, il derby, di domenica prossima, la fascia di capitano, la maglia azzurra. Già nel dopo partita di Donetsk, i dirigenti hanno parlato con il centrocampista di Ostia, stigmatizzando in maniera molto chiara quanto era accaduto in campo, anticipandogli che ci sarà una multa (non sarà inferiore agli ottantamila euro) proporzionata alla squalifica (la sentenza dovrebbe esserci nei primi dieci giorni di aprile) per la quale è probabile che non sarà fatto neppure il ricorso, chiedendo spiegazioni su un gesto che non può essere avallato dal fatto che Srna prendeva in giro e parlava male degli italiani. Fosse questo il metro, quasi tutte le partite si trasformerebbero in risse.
PRECEDENTI – Peraltro non è la prima volta per De Rossi. Gli era capitato pure in Nazionale, mondiali tedeschi, vittima l’americano McBryde, così come ci sono stati altri episodi che non arricchiscono il curriculum del biondo. E la cosa, in Figc, non è che faccia piacere, anzi. C’è un codice etico da rispettare, De Rossi non l’ha fatto. C’è il rischio che Prandelli, che parlerà con il giocatore in questi giorni, possa decidere di non convocarlo (20 marzo) per la partita di qualificazione all’Europeo in Slovenia (25) e per la successiva amichevole in Ucraina (29).
FUTURO – Se fino a qualche settimana fa non c’erano dubbi sul fatto che De Rossi sarebbe rimasto alla Roma (dei contatti per il nuovo contratto ci sono già stati con una richiesta di ingaggio molto importante), oggi il dubbio è legittimo. Conseguenza anche di prestazioni in campo che da un po’ di tempo non sono all’altezza e, pure, di un contratto in scadenza tra un anno, cosa che vuol dire rinnovo o giocatore sul mercato subito per non rischiare di fare il bis di Mexes. Sui motivi di questa involuzione del giocatore si potrebbe parlare a lungo, anche perché ci sono motivazioni private che meritano però il rispetto e il silenzio. In ogni caso ci sarà bisogno, quando arriverà la nuova proprietà, che ci si metta seduti attorno a un tavolo e capire, reciprocamente, se sarà il caso di continuare ad andare avanti insieme. Roba che se l’avessimo scritta solo qualche mese fa, ci saremmo messi a ridere da soli. Oggi, invece, non c’è proprio nulla da ridere.