La Roma resta in vendita

La Roma resta in vendita

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IL TEMPO (A. AUSTINI – F. BIAFORA) – Sospesa in attesa di un futuro che nessuno può prevedere. La Roma non fa eccezione rispetto alle aziende di tutto il mondo, con una variabile che rende la situazione ancora più nebulosa: Pallotta aveva praticamente venduto la società a Friedkin appena prima che esplodesse la pandemia coronavirus e adesso, a oltre un mese di distanza dalle ultime riunioni propedeutiche alle firme sui contratti preliminari, l’affare è rimasto congelato. Ad oggi è impossibile sapere se e quando ripartirà, ogni scenario è possibile e ci si deve basare sulle residue certezze: il club – o almeno una parte delle quote azionarie – rimane comunque in vendita perché i soci di Pallotta vogliono disimpegnarsi (Starwood in primis); Friedkin è ancora interessato all’operazione, ma per il suo gruppo non può rappresentare una priorità in un momento del genere. Il core business dei texani è legato al mercato delle auto (sono distributori in esclusiva del marchio Toyota in 5 stati americani), uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi mondiale dell’economia e secondo alcune stime interne al The Friedkin Group potrebbero essere necessari fino a 36 mesi per veder tornare il giro d’affari ai livelli pre-Covid. La Roma sarebbe un «vanity asset» da affiancare agli altri investimenti di famiglia nell’intrattenimento e per forza di cose  ora va messo in stand by, aspettando anche di capire cosa ne sarà del calcio italiano e quali effetti avrà la pausa forzata del campionato sui conti del club.

Insomma i Friedkin non hanno abbandonato il tavolo, con Ryan, il figlio di Dan, tuttora entusiasta dell’idea di potersi dedicare in prima persona al business Roma, progetto che seguirebbe trasferendosi in Italia. Detto questo, se l’affare ripartirà, i numeri andranno certamente ridiscussi dopo che era stato raggiunto un accordo per una valutazione complessiva di oltre 700 milioni di euro, di cui quasi 400 di «equity». Nel frattempo Pallotta non può starsene certo fermo ad aspettare le mosse da Houston e ha dato mandato ai suoi advisor – a partire da Goldman Sachs – di continuare a scandagliare i mercati internazionali a caccia di un altro potenziale acquirente o di investitori interessati a rilevare quote di minoranza. Tutto il mondo della finanza sa ormai ufficialmente che la Roma è in vendita e negli ultimi giorni alcuni operatori hanno iniziato a offrire il dossier giallorosso anche a imprenditori italiani. Se il futuro è tutto da scoprire, il presente è dedicato a sistemare i conti in questa fase di crisi. Visto il calo forzato dei ricavi, che peggiora una situazione già delicata (semestrale al 31 dicembre 2019 chiusa a -87 milioni), c’è bisogno di tagliare e\o posticipare alcuni costi. In questo senso sarà molto utile un accordo con i dipendenti e soprattutto con i calciatori: si attende che i giocatori della Roma possano rinunciare a una parte degli stipendi e accettare il pagamento di altre mensilità nei prossimi esercizi, sulla scia di quanto fatto dalla Juventus. Il bilancio si chiuderà comunque in forte «rosso» e in futuro sarà probabilmente necessario un altro aumento di capitale dopo la completa sottoscrizione di quello in corso, per un massimo di 150 milioni, che serve a coprire le perdite del passato. Pallotta e i soci dovranno garantire immissione di ulteriore liquidità per le spese della gestione corrente, come hanno sempre fatto in questi nove anni di gestione, anche se sulla futura ricapitalizzazione potranno avvalersi del decreto legge dell’8 aprile. In particolare l’articolo 6 e l’articolo 8 sono stati accolti con favore a Trigoria, visto che viene agevolata l’immissione di flussi di cassa per far risollevare la società. Le misure adottate dal Governo permettono in parte di congelare i danni del virus e rendono quindi più appetibile l’affare per l’acquisto delle quote giallorosse. Palla a Friedkin.

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